domenica 3 ottobre 2010
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Si è dunque aperta una nuova fase nella XVI legi­slatura, con solidi intendimenti da parte di chi regge il timone dell’Esecutivo, ma in un quadro po­litico che si è fatto complicato e fragile. E poiché nessuno ha la sfera di cristallo, nessuno è davvero in grado di dire fin dove potrà spingersi l’orizzonte dell’azione di governo e dell’attività parlamentare.I nostri lettori sanno che noi ci auguriamo anni di lavoro intenso e utile per il Paese. E sanno anche che apprezziamo una maggioranza e un’opposi­zione capaci di assumersi con chiarezza le rispetti­ve responsabilità, ma ancor più forze politiche che si dimostrino in grado di convergere – ogni volta che sarà possibile e opportuno – sulle iniziative e sulle scelte riformatrici necessarie per preparare e ben orientare il futuro dell’Italia. Le cinque 'e' – etica, educazione, energia, equità fiscale, equilibrio istituzionale – sono forse solo un esempio dei terreni sui quali sarebbe indispensabile dare segnali positivi a­gli italiani. Ma è un esempio calzante, che spiega quanto sia urgente concentrarsi con stile adeguato e lungimiranza su una seria agenda di legislatura.La sensazione è che invece, in questa fase nuova, più che su contenuti legislativi e obiettivi strategici, in troppi – e, sorprendentemente, anche tra coloro che fanno esplicito richiamo all’ispirazione cristiana – si stiano dedicando alla tattica e alle meccaniche di schieramento. Quasi che si fosse imparato poco o nulla dagli errori del passato più recente, quelli che hanno segnato i sedici anni di vita della cosiddetta Seconda Repubblica.Di quegli errori, qui, ce ne in­teressa, appunto, il principale: la presunzione e­quilibrista di poter costruire coalizioni o soggetti politici solo sulla base di una polemica con il 'ne­mico' prescelto e in forza di 'numeri' potenzial­mente sufficienti a vincere una determinata scom­messa elettorale. Così sono nati e caduti il primo governo Berlusconi, il primo governo Prodi, due go­verni D’Alema e il secondo governo Berlusconi. Co­sì è stato messo a rischio il governo in carica, quel­lo che ora cerca un rilancio. Nel frattempo, certo, si è governato. Ma quante riforme di sistema sono sta­te portate a buon fine? È un’incompiutezza che pe­sa e, lunedì scorso, il presidente della Cei lo ha ri­cordato a tutti con lucidità e angustia. La democrazia dell’alternanza che si è affermata negli ultimi tre lustri si è portata, insomma, in cuo­re un’alternanza delle instabilità, e nessuna alchi­mia elettorale maggioritaria riesce a curarla. Perché i numeri – cioè il consenso popolare e la rappre­sentanza parlamentare – in qualunque democra­zia sono indispensabili, ma non bastano e non ten­gono senza le idee-cardine che danno vera forza a un progetto politico. L’essenzialità di questo punto è sempre più eviden­te.Lo sforzo per avvicinare culture ed esperienze politiche diverse è certo importante e può diventa­re addirittura meritorio, ma non può mai essere pa­gato in termini di chiarezza. Perché non tutti i pro­getti sono compatibili, e i fatti si sono incaricati di confermare – e questo a noi importa molto – una condizione di disagio e persino d’insignificanza per i politici di ispirazione cristiana disposti a mettere tra parentesi, per tattica, un impegno coerente su ciò che davvero conta. E ciò che davvero conta per chi voglia fare politica con una limpida visione umani­stica e, a maggior ragione, da cristiano e da cattoli­co è la determinazione a non dimenticare mai e a tenere per bussola i «valori non negoziabili».Papa Benedetto XVI li indicò magistralmente, era il mar­zo del 2007, ai leader del Partito popolare europeo. Il cardinale Angelo Bagnasco, nella sua prolusione ai lavori del Consiglio permanente dell’episcopato che si è appena concluso e in questa vigilia della Settimana Sociale dei cattolici di Reggio Calabria, li ha richiamati con altrettanta forza e chiarezza: vita (dal concepimento alla morte naturale), famiglia uomo-donna, libertà religiosa e libertà educativa. È questo il «fondamento» che garantisce ogni altro valore e impegno, ha detto il presidente della Cei. Sta alla base di un’azione politica davvero orienta­ta alla costruzione del bene comune. Perciò, ieri, non doveva essere messo tra parentesi e, oggi, non può essere lasciato cadere sotto il tavolo di alcuna trattativa.
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