martedì 15 maggio 2012
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Gentile direttore,
siamo tre giovani studenti dell’Università Statale di Milano. Siamo cresciuti leggendo i classici e siamo maturati sulle pagine di Omero, Cicerone e Dante. Le scriviamo perché siamo rimasti molto colpiti dal monologo di Sabina Guzzanti del 4 maggio scorso all’interno del suo programma satirico "Un due tre stella" trasmesso su La7. La conduttrice ha iniziato il suo discorso partendo dal valore della cultura e sottolineando la sua stretta relazione con la democrazia. «La cultura non è dentro le persone, è tra le persone», ha affermato, parafrasando Pasolini. Essa si crea nelle relazioni, in un contesto di socialità. Tuttavia, dopo questa incoraggiante premessa, il discorso ha cambiato direzione: imitando Maria De Filippi, la Guzzanti ha proseguito parlando del "Nazareno", ritratto parodistico di un Gesù Cristo alla ricerca ossessiva del proprio padre biologico. Il siparietto, con tanto di citazioni evangeliche storpiate, è proseguito per più di cinque minuti, tra gli applausi e le risate del pubblico. La Guzzanti, con la consueta leggerezza, ha rivisitato le vicende evangeliche, infarcendole di bassa ironia e frasi a effetto. C’è forse da offendersi? È satira, d’altronde. Ma è lecito davvero scherzare in qualsiasi modo su tutto? Quel "Nazareno", urlacchiato in prima serata, quel "Cristo in croce", detto senza la minima preoccupazione di offendere e senza quel pudore che chiunque dovrebbe utilizzare per trattare certi temi – tanto più in diretta tv – ci hanno turbato, prima che offeso. Ciò che più ci ha colpito è stato l’atteggiamento di malcelata superiorità mostrato dalla Guzzanti nei confronti della fede cristiana e dei suoi insegnamenti: come se fosse tutto un evidente ammasso di favole, vecchie superstizioni di donne anziane con il Rosario in mano, storielle ormai superate nella nostra corsa verso il progresso e la civiltà. Noi ci chiediamo: dov’è quel rispetto per le sensibilità altrui, che costituisce il presupposto per una vera libertà? Dov’è quel proposito di buona cultura, che è «come l’amore», come la stessa Guzzanti ha affermato all’inizio del monologo?
Filippo Quartu, Mario Finulli, Giacomo Migliarese
 
Caro direttore,
mi permetto di dissentire dal suo intervento contro Sabina Guzzanti, che nel fare satira contro la De Filippi ha immaginato che quest’ultima intervistasse il "Nazareno". È talmente importante criticare e mettere a nudo la doppiezza, la falsità, la volgarità e l’involuzione della specie che rappresenta un personaggio come Maria De Filippi, che la scelta del "Nazareno" come personaggio impossibile da intervistare, ma reso accessibile dalla sfrontatezza, dalla mancanza di senso del limite, dal desiderio di onnipotenza della Maria nazionale dovrebbe mettere in secondo piano la possibile offesa del sentimento religioso dei credenti. L’ironia e la satira erano ben percepibili e la scelta di una narrazione sacra per eccellenza – e condivisa dal 90% della popolazione italiana essendo questa la percentuale di cattolici in Italia (almeno credo) – rendeva ancora di più lo squallore e l’inesauribile forza corrosiva di valori sociali interpretata da ormai più di vent’anni della Maria nazionale. Come posso dire, mi sembra un eccesso di perbenismo, un eccesso di sensibilità che poco ha a che fare con una mentalità aperta che deve riuscire ad andare al di là di ciò che appare. Ecco, mi sembra che abbiamo guardato il dito e non la luna.
 
Maria Di Falco
 
Capisco la preoccupazione della signora Di Falco. Anche perché sono uno di quelli che si sforza di guardare sempre la Luna, senza concentrarmi solo sul dito che la indica. Ma in certi casi – e questo è uno – il gesto di chi vuol indicare la Luna è maliziosamente inconsulto o semplicemente sbagliato, e il dito finisce nell’occhio. Bisogna tacere? Far finta, come tante altre volte in passato in casi analoghi e magari con diversi protagonisti, che niente sia accaduto? Bisogna prendere il buono che c’è e mandar giù, d’un fiato, l’amaro? Beh, preferisco dire quel che penso e che molti spettatori hanno provato non «contro» Sabina Guzzanti, ma «su» una performance di Sabina Guzzanti. Davanti a qualunque spettacolo l’alternativa, per me, non è mai stata tra applaudire e starmene (o andarmene) in silenzio. Siamo in parecchi – a quanto vedo e so, non solo tra i cattolici, ma noi cattolici con lo stesso diritto di ogni altro – ad avere il vizio di dire qualcosa a proposito di ciò che riteniamo uno sproposito. Ebbene stavolta anch’io sono stato ferito, come spettatore, come uomo libero e come cristiano. Ferito dal tono usato e dall’insensibilità dimostrata da Guzzanti. E perciò lo dico (magari, poco o tanto, serve anche a lei, perché no?). E assai bene lo dicono i tre studenti universitari che mi hanno inviato la prima lettera che pubblichiamo oggi in questo spazio. Per "mettere a posto" Maria De Filippi, l’attrice satirica ha urtato e "messo in disordine" i sentimenti di tanti credenti. Facendo questo, inevitabile ripeterlo, ha dato una pessima prova di sé. E non ci si venga a dire: «È la satira, bellezza». Conosciamo anche noi e rispettiamo la bellezza della satira, e non è questa.
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