venerdì 9 settembre 2011
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L'indennità riconosciuta a chi è eletto al Parlamento è una grande conquista democratica: il suo spirito, infatti, è di garantire anche al cittadino non abbiente la possibilità di impegnarsi in prima persona nella sede più alta della politica nazionale. Allo stesso tempo, l’indennità (e il vitalizio che poi spetta a chiunque sia stato senatore o deputato per un certo periodo di tempo) dovrebbe essere un risarcimento proporzionato al tempo – e quindi al denaro – che, dedicandosi all’attività di legislatore, si è sottratto alla propria professione. Ciò vale, in particolare, per i liberi professionisti prestati alla politica (avvocati, ingegneri, architetti, medici eccetera, assai numerosi a Montecitorio e a Palazzo Madama), gli stessi per i quali la manovra-bis prevedeva un cospicuo taglio dell’indennità parlamentare oltre una certa soglia di reddito. Ebbene, nel testo approvato dal Senato, questo taglio è quasi scomparso, nel silenzio della maggioranza e delle opposizioni. A cose fatte, abbiamo scoperto il "ripensamento", l’ennesimo di questa tormentata manovra. Ma non è certo di questo genere di ripensamenti che si sentiva il bisogno.
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