Ferita incomprensibile e ingiustificabile
domenica 26 aprile 2020

La cautela e le raccomandazioni con le quali il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha annunciato il graduale ingresso dell’Italia nella cosiddetta Fase 2 dell’emergenza sanitaria da coronavirus sono comprensibili e lodevoli. Anche se si vede la luce, non siamo affatto fuori dal tunnel della pandemia.

Ed è giusta e necessaria la fedeltà all’alleanza tra scienza e politica che all’inizio della crisi avevamo auspicato dalla prima pagina di “Avvenire” in un editoriale affidato alla penna di un grande medico e nostro collaboratore, il professor Walter Ricciardi. C’è bisogno di competenza e di calibrata fermezza per vincere la sfida rappresentata dal Covid-19.

Ma sconcerta, preoccupa e ferisce l’orientamento – maturato, come ha sottolineato lo stesso premier, nel confronto finale tra autorità di governo e “tecnici” – a negare ancora, per settimane e forse mesi, ai credenti la possibilità di partecipare, naturalmente secondo rigorose regole di sicurezza, a funzioni religiose diverse dai funerali (gli unici finalmente consentiti). È un errore molto grave. Non si può pensare di affrontare una generale “ripartenza” che si annuncia delicatissima rinunciando inspiegabilmente a valorizzare la generosa responsabilità con cui i cattolici italiani – come i fedeli di altre confessioni cristiane e di altre religioni – hanno accettato rinunce e sacrifici e, dunque, senza dare risposta a legittime, sentite e del tutto ragionevoli attese della nostra gente.

Sarà molto difficile far capire perché, ovviamente in modo saggio e appropriato, si potrà tornare in fabbriche e in uffici, entrare in negozi piccoli e grandi di ogni tipo, andare in parchi e giardini e invece non si potrà partecipare alla Messa domenicale. Sarà difficile perché è una scelta miope e ingiusta. E i sacrifici si capiscono e si accettano, le ingiustizie no.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI