Il messaggio Urbi et Orbi di Pasqua è stato quasi un commiato Sapeva che la sua vita era ormai molto fragile, che per il suo corpo cinto d’assedio dalla vecchiaia e dai malanni si avvicinava l’ultima ora. Come si corica, la sera, un uomo che sa che il suo cuore potrebbe fermarsi prima dell’alba, come si abbandona al sonno un uomo che sa che potrebbe non risvegliarsi? Se quell’uomo è il Papa, la fede certo sostiene la debolezza delle membra, e l’affanno del respiro.
Però, credo almeno, della morte qualsiasi uomo, e anche il Papa, può avere paura: quando improvvisa ti si para davanti, ed è l’ora, e via, si parte, e si lascia tutto ciò che è caro. Era stato sorprendente, sapendo in quali condizioni era, vedere Francesco a Pasqua sull’auto bianca fare il giro della piazza gremita, nel gran sole della primavera di Roma. Pareva quasi un saluto, quel passaggio benedicente: a Roma, a San Pietro, ai fedeli. A quel sole.
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Papa Francesco il giorno di Pasqua - ANSA
Ma rileggete le ultime cinque righe del messaggio Urbi et Orbi. «Nella Pasqua del Signore la morte e la vita si sono affrontate in un prodigioso duello, ma il Signore vive per sempre e ci infonde la certezza che anche noi siamo chiamati a partecipare alla vita che non conosce tramonto, in cui non si udiranno più fragori di armi ed echi di morte. Affidiamoci a Lui, che solo può far nuove tutte le cose». Ad ascoltarlo oggi non ci si avverte dentro, percepibile, un commiato? Il «prodigioso duello» del sabato di Pasqua appena superato e vinto da Cristo, che vive per sempre. Ma «anche noi», ha ricordato Francesco, «chiamati a partecipare alla vita che non conosce tramonto».
Quelle parole, trasmesse da tv e radio e web in tutto il mondo, quanti malati hanno raggiunto, abbandonati o senza fede, o anziani che si sentono, nell’ora estrema, in bilico sul nulla. «Partecipare alla vita che non conosce tramonto », lascia detto nelle sue ultime parole Francesco a tutti noi, ai credenti e soprattutto a chi, dimentico di Dio, si sente destinato al nulla. E in quella vita, ha aggiunto, «non si udiranno più fragori di armi ed echi di morte».
In quella vita non più figli al fronte, fosse comuni, stragi, fame, fughe nel terrore: non più. «Affidiamoci a Lui, che solo può far nuove tutte le cose», sono le ultime parole che il Papa ci ha lasciato. E sembrano, quelle poche righe, quasi un cosciente commiato. Sembrano le ultime volontà di un padre: il nucleo forte delle cose, che i figli non devono dimenticare. Parole dense, date in eredità a chi voglia ascoltare. In una Pasqua romana di sole e di cielo azzurro, una festa. Forse per un presentimento, forse un’umana nostalgia della vita che sentiva sfuggirgli, Francesco, Papa e uomo, a quell’ultima radiosa Pasqua in San Pietro non ha voluto mancare.