Nel nome della donna (nel mondo e nella chiesa)
giovedì 2 gennaio 2020

Nel nome della donna. Cioè della vita, della rinascita e della salvezza, perché «non c’è salvezza senza la donna». Ecco l’inizio di un nuovo tempo. Un tempo che c’interessa adesso, attraverso il riconoscimento della «carne più nobile del mondo», a comprendere questo 'vitale consortium' nel profondo se si vuole nuovamente ricominciare davvero un nuovo avvenire. Nella Chiesa. E non solo. Proprio nel primo giorno dell’anno infatti la Chiesa liturgicamente lo ricorda all’umanità intera celebrando le nozze tra Dio e l’uomo, nozze inaugurate nel grembo di una donna per la quale Dio si è voluto unire per sempre a noi e che da lei ha perciò ricevuto per sempre la nostra carne umana. Ricordando così che è stata una donna a tessere l’umanità di Dio, il Papa ieri – primo giorno dell’anno, dedicato alla Madre di Dio – ha voluto rimarcare con efficacia questa verità essenziale della fede: «Da lei, donna, è sorta la salvezza... e se vogliamo unirci a Lui, si passa per la stessa strada: per Maria, donna e madre. Perciò iniziamo l’anno nel segno della Madonna, donna che ha tessuto l’umanità di Dio».

E «se vogliamo tessere di umanità le trame dei nostri giorni, dobbiamo ripartire dalla donna». Questo significa sbaragliare il campo dalla retorica, anzi, iniettare l’antidoto alla retorica dei discorsi sulle donne. E papa Francesco l’ha fatto declinando queste verità della fede in un percorso di conversione indirizzato sia alla Chiesa, affinché progredisca nella fedeltà alla sua natura conformandosi sempre più a Maria e ai suoi tratti distintivi, sia all’umanità per riscattarsi. Per redimersi anche da quella subcultura ipocrita che troppo spesso omaggia le donne a parole per poi infischiarsene della dignità, cestinandole senza scrupolo dopo l’uso e il consumo. Francesco mette in risalto, scavando nella smemoratezza e nell’analfabetismo corrente (non solo religioso), che «la rinascita dell’umanità è cominciata dalla donna» e che «le donne sono fonti di vita », eppure purtroppo «continuamente offese, picchiate, violentate, indotte a prostituirsi e a sopprimere la vita che portano in grembo». Ma «ogni violenza inferta alla donna è una profanazione di Dio, nato da donna», ha sottolineato ancora il Papa. E se «dal corpo di una donna è arrivata la salvezza per l’umanità », proprio «da come trattiamo il corpo della donna comprendiamo il nostro livello di umanità». Non è la prima volta che papa Francesco denuncia la piaga del sacrificio femminile sugli altari profani del guadagno, dello sfruttamento del corpo delle donne «come superficie da usare», anche spiegando che la maternità viene umiliata, perché l’unica crescita che interessa è quella economica, e come ci siano madri «che rischiano viaggi impervi per cercare disperatamente di dare al frutto del grembo un futuro migliore», tuttavia «giudicate numeri in esubero da persone che hanno la pancia piena, ma di cose, e il cuore vuoto di amore'». E come il loro corpo «va liberato dal consumismo, va rispettato e onorato; perché è la carne più nobile del mondo, ha concepito e dato alla luce l’Amore che ci ha salvati!».

Ma ieri papa Francesco ha posto lucidamente queste prerogative che le donne posseggono: «La donna giunge al culmine della creazione, come il riassunto dell’intero creato. Infatti racchiude in sé il fine del creato stesso: la generazione e la custodia della vita, la comunione con tutto, il prendersi cura di tutto». Per evidenziare poi ciò che la distingue: «È proprio della donna prendere a cuore la vita. La donna mostra che il senso del vivere non è continuare a produrre cose, ma prendere a cuore le cose che ci sono. E solo chi guarda col cuore vede bene, perché sa 'vedere dentro'». È questo il cambio di prospettiva, la strada imprescindibile da seguire nella Chiesa, perché solo «avvicinandosi a Maria la Chiesa si ritrova, ritrova il suo centro, ritrova la sua unità»: cioè il cuore che vede e si prende cura. Proprio questo sta a indicare come per il Papa dalla questione delle donne passi l’urgenza di affrontare una realtà che riguarda la visione della Chiesa stessa nella sua natura gerarchica e comunionale, e passi perciò una questione profondamente ecclesiale. Che è quella di una rinnovata consapevolezza, con l’urgenza al tempo stesso di mettere in asse che se si vuole un mondo migliore che sia «casa di pace e non cortile di guerra ci stia a cuore la dignità di ogni donna». Infatti «dalla donna è nato il Principe della pace. La donna è donatrice e mediatrice di pace e va pienamente associata ai processi decisionali. Perché quando le donne possono trasmettere i loro doni il mondo si ritrova più unito e più in pace. Perciò una conquista per la donna è una conquista per l’umanità intera». Tutto sta a incominciare. Dunque. Finalmente. Senza retorica.

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