Nel lessico politico non deve avere più spazio il verbo "uccidere"
sabato 10 dicembre 2022

Caro direttore,
questa a me sembra una storia francamente sgradevolissima. Da qualche tempo nel lessico politico è comparsa la parola “uccidere”. Proprio così. Per intenderci, nel senso di – non solo – sconfiggere elettoralmente l’avversario, ma proprio di eliminarlo politicamente senza che ne rimanga traccia. Questo “uccidere” è comparso in più occasioni sulla carta stampata e, da ultimo, anche in qualche talk show di forte richiamo su canali tv nazionali. Dopo di che, la si può pensare come si vuole. E, per quanto mi riguarda, non richiamo qui le molteplici e fecondissime indicazioni del magistero sociale della Chiesa sul senso vero della politica. Certo, la politica per sua natura è sempre stata storicamente competizione. A dire il vero, competizione tra ragionamenti e pensieri diversi e – sia pure detto – confliggenti (dei quali oggi faccio fatica a trovare traccia). E si potrebbe anche dire che il degrado della politica si esprime attraverso questo nuovo lessico. Però se – fatta eccezione per “Avvenire” che già lo fa ampiamente – la stampa vi ponesse un freno, non è che sarebbe poi tanto male. O no?

Mario Di Costanzo Napoli


Sono pienamente d’accordo con lei, caro amico. È non una questione di buone maniere o di mera pulizia lessicale, ma di sostanza politica e prima ancora civile. Ci son voluti secoli per capirlo, ma oggi dovremmo averne consapevolezza in tantissimi. In ogni caso, dovrebbe premere a tutti, comunque la pensino e che credano o no, di disarmare un confronto che, pure, può e deve essere schietto e anche forte. A questo scopo è anche giusto che noi giornalisti ci decidiamo a fare la nostra parte, scrivendo pane al pane e vino al vino, ma senza soffiare sul fuoco. Coi miei colleghi e le mie colleghe provo ogni giorno a esserne capace.

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