mercoledì 11 giugno 2025
La veglia di movimenti e associazioni in piazza San Pietro con papa Leone XIV ha lasciato in chi vi ha preso parte l'impronta profonda di una grande festa di popolo. Con un messaggio da custodire
Nel giardino dei carismi
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C’ero anch’io tra le decine di migliaia di persone che sabato hanno animato la veglia di Pentecoste in occasione del Giubileo dei movimenti, delle associazioni e delle nuove comunità. Il ricordo più vivo che conservo nel cuore è quello di Piazza San Pietro come un grande giardino fiorito: il giardino dei carismi, dove ogni gruppo portava la sua sensibilità, la sua storia, le sue canzoni. Modalità originali con cui esprimere la medesima fede e rendere testimonianza dei doni elargiti dalla Spirito Santo. È stata una festa di popolo, il popolo della Chiesa. Ricco nella sua diversità, stretto attorno a Leone XIV visibilmente a suo agio nel bagno di folla in cui si è immerso prima di prendere la parola.

Come aveva fatto il giorno prima incontrando i responsabili delle aggregazioni ecclesiali, il Papa ha indicato nell’unità e nella missione due parole-chiave per cominciare a leggere il suo pontificato: «Non molte missioni, ma un’unica missione. Non introversi e litigiosi, ma estroversi e luminosi. Questa piazza San Pietro, che è come un abbraccio aperto e accogliente, esprime magnificamente la comunione della Chiesa, sperimentata da ognuno di voi nelle diverse esperienze associative e comunitarie».
Unità e missione: due termini che potrebbero essere ridotti al vocabolario stantio e (sempre più) ininfluente dell’ecclesialese, e che invece portano dentro di sé una ricchezza e un carico di novità da offrire a tutti, specialmente in un’epoca confusa e fluida come quella che stiamo attraversando. Abitiamo un mondo frammentato e diviso, popolato da guerre e devastazioni, siamo alle prese con una società che fa i conti con la crisi più lancinante, quella del significato dell’esistenza.

In un contesto dove l’umanità sembra avviata a un declino che appare inarrestabile, qual è il contributo originale che i cristiani possono portare? È la testimonianza – personale e comunitaria – del tesoro che hanno incontrato e che ha cambiato la loro esistenza. Di quel tesoro è custode la Chiesa con il suo magistero, che per raggiungere uomini e donne a ogni latitudine e in ogni contesto necessita di uomini e donne che vivendo immersi nella contemporaneità la fecondino con i semi del Vangelo. Per questo, ha ricordato il Papa sulla scia dei suoi predecessori, istituzione e carisma sono coessenziali alla vita della Chiesa: la certezza di camminare sulla strada tracciata da Pietro deve andare insieme all’ardimento di chi si tuffa nel mondo portandovi l’energia di una fede che non teme il confronto con la modernità.

Missionari per vocazione, non perché titolari di particolari capacità. In questi anni, grazie al dinamismo dei movimenti e delle nuove aggregazioni, tante persone (tra cui non a caso molti giovani) hanno incontrato una speranza che non delude – quella che dà il titolo al Giubileo che stiamo vivendo –, riconoscendo nel volto di Cristo la risposta alle loro attese più profonde. In un’epoca che propone surrogati di felicità e ricette fallaci, incapaci di vincere la crisi di senso che l’attanaglia, cosa abbiamo di veramente originale da offrire ai nostri fratelli uomini se non l’attrattiva che ha suscitato in noi l’incontro con quel volto? Nel giardino dei carismi crescono piante che hanno portato buoni frutti. È saggio continuare a coltivarlo, per il bene della Chiesa e del mondo.

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