venerdì 29 novembre 2019
Nei procedimenti sul recupero crediti l’efficienza giudiziaria favorisce la crescita ed è un vantaggio anche per il debitore. Una proposta di intervento per rendere più veloce la fase esecutiva
Nei processi per esproprio i tempi brevi un bene per tutti
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Ormai da tempo si dibatte intorno alla questione della durata dei processi in Italia. In particolare essa, con riferimento al recupero dei crediti mediante l’esecuzione forzata, assume anche un rilevante valore economico. Lo ha fatto notare il già Presidente della Bce, Mario Draghi: i crediti dai quali originano le procedure espropriative costituiscono un vero e proprio patrimonio che deve essere valorizzato e può essere proficuamente impiegato. Il tempo può costituire un valore oppure un costo. Con particolare riferimento ai procedimenti espropriativi, un processo veloce ed efficiente porta vantaggi di realizzo per tutti i creditori e benefici a livello di sistema. L’efficienza giudiziaria favorisce la crescita economica sia in termini di investimento di capitali, anche stranieri, sia in termini di finanziamento dell’imprenditoria; e il bene non si svaluta, con effetti a favore anche della parte debitrice.

Un recente studio della società 'La Scala Cerved' ha posto in evidenza il rapporto inversamente proporzionale tra durata del processo e valore dei crediti. In particolare, un portafoglio di 100 euro di crediti insoluti ha un valore medio di 16,8 euro, ma lo stesso potrebbe arrivare al 21,9 euro con riferimento alle procedure più efficienti oppure ridursi fino a 9 euro con riferimento alle procedure meno efficienti. Se si guarda alle esecuzioni immobiliari, dato sicuramente realistico è che le procedure scontano tempi lunghi per il soddisfacimento del credito; in media, la vendita dell’immobile all’asta ottiene buon esito al terzo o quarto tentativo di vendita. Ciò significa, in termini di anni, una media di 5 anni per la chiusura delle procedure esecutive. Media destinata a crescere fino a 6/10 anni nei tribunali meno virtuosi, anche in relazione alle aree geografiche (dati elaborati da 'La Scala Cerved' e dall’Associazione T6 'Tavolo di Studio sulle Esecuzioni Italiane').

Come è stato già rilevato su Avvenire del 24/01/2019, i tempi processuali per aree geografiche sono profondamente distanti l’uno dall’altro, verificandosi fra Nord, Centro e Sud d’Italia tempistiche più snelle nell’area geografica centro-settentrionale rispetto a quella meridionale e alle isole. Nel saggio di Benito Perrone, L’avvocato e il funzionamento della giustizia (Iustitia 2018, p.484 ss.) si sottolinea opportunamente che «la distanza che separa le tre aree italiane è davvero enorme e rappresenta un grosso problema che deve essere affrontato dalla politica, finora rimasta praticamente inerte. Tutto questo [...] presenta una situazione veramente drammatica che deve essere affrontata con grande energia e senza dilazioni».

Non diversa situazione si riscontra nell’area geografica dell’Europa: quando si mettono a confronto i tempi processuali europei, emergono grandi diversità. Per quel che riguarda i tempi occorrenti per il recupero del credito nelle esecuzioni forzate, «il confronto fra Francia, Germania, Italia, Polonia e Spagna evidenzia che 'in testa' c’è l’Italia. In Francia servono circa 400 giorni, cioè poco più di un anno, 15/16 mesi in Germania e Spagna, poco più di 20 mesi in Polonia. In Italia oltre 36 mesi». Le recenti riforme nell’ambito dell’espropriazione forzata sono tutte volte alla informatizzazione, che dovrebbe portare a una maggior velocità della procedura. Per esempio, è stata introdotta l’asta telematica per la vendita forzata immobiliare e la possibilità di ricerca con modalità elettronica dei beni da pignorare. Lo sforzo del legislatore, tuttavia, si scontra con la realtà ancora essenzialmente analogica (quando non soltanto cartacea...) nella quale si muovono gli operatori giudiziari. Infatti, per la creazione di sale d’asta idonee a gestire il flusso di dati e di energia richiesto dall’utilizzo della modalità d’asta telematica, spesso, se non sempre, i Tribunali si vedono costretti ad appoggiarsi mediante convenzioni a soggetti estranei che sono in possesso degli strumenti necessari. Parimenti, come sottolineato anche dall’Associazione italiana giovani avvocati, la ricerca telematica dei beni prevista dalle recenti riforme si scontra, tra l’altro, con la diffusa carenza negli uffici di adeguati strumenti telematici.

Da ultimo, in occasione del Convegno dell’Agenzia di ricerche e legislazione (Arel) a Roma del 21 ottobre 2019, avente ad oggetto il rapporto tra crediti bancari deteriorati e legislazione nell’ottica del recupero tempestivo, il vicedirettore generale dell’Abi, Gianfranco Torriero, ha evidenziato l’efficacia delle buone prassi nel settore delle esecuzioni immobiliari, con riferimento in particolare all’anticipazione della nomina del custode giudiziario contestualmente alla designazione dell’esperto e alla puntualità delle istruzioni contenute nell’ordinanza di delega. Tali indicazioni non sono state, però, accolte dalla recente riforma dell’art. 560 del codice di procedura civile. Il decreto legge 135 del 2018, convertito con modificazioni dalla legge 12 di quest’anno, ha infatti eliminato la possibilità per il giudice di emettere l’ordine di liberazione contestualmente all’ordinanza di delega, salvo le specifiche eccezioni previste dalla legge (art. 560 del codice di procedura civile). Per il futuro è auspicabile che il legislatore ritorni sui suoi passi in quanto l’immediatezza della li- berazione dell’immobile non solo incide sull’appetibilità dello stesso sul mercato, ma consente anche l’immediata attivazione dei servizi sociali a supporto dell’esigenza abitativa del debitore sfrattato.

Viste le difficoltà di attuazione delle riforme relative ai processi espropriativi puri, ovvero secondo una modalità forzosa, ulteriori rimedi potrebbero essere suggeriti da Oltralpe. L’ordinamento francese prevede accanto alla vendita forzata una forma di vendita volontaria dell’immobile. Il venditore (il debitore pignorato) ha l’onere di effettuare tutte le operazioni necessarie al perfezionamento della vendita e di renderne conto al creditore pignorante. Il prezzo di vendita e le spese accessorie devono essere depositati dal futuro acquirente prima della vendita. Questa forma di vendita volontaria è soggetta all’autorizzazione del giudice dell’esecuzione che ha un ruolo di controllo anche rispetto all’effettivo deposito del prezzo. In caso di inadempienza del debitore, il creditore può richiedere in qualunque momento la ripresa della vendita forzata. La vendita volontaria sotto il controllo del giudice, eliminando la necessità di seguire i diversi passaggi richiesti dalla procedura espropriativa e previsti anche in funzione della tutela del debitore, potrebbe costituire un utile strumento per valorizzare i beni immobili coinvolgendo il debitore nell’evitare l’eccessivo depauperamento del bene stesso.

Un processo esecutivo veloce ed efficiente non solo potrebbe contribuire al buono stato di salute del sistema-Italia (e bancario in particolare) con ripercussioni positive sullo sviluppo economico, ma potrebbe meglio tutelare anche il debitore da un’eccessiva perdita di valore dei propri immobili evitando la conseguente, diffusa speculazione su di essi. Insomma: grazie all’innovazione tecnologica degli uffici giudiziari (non più rinviabile) e alla previsione normativa di meccanismi più snelli, un processo esecutivo 'breve' è un processo più giusto e più utile sia per i creditori che per i debitori. Come tale, da attivare con decisione, senza ulteriori temporeggiamenti.

Avvocato in Brescia, Unione Giuristi Cattolici Italiani

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