mercoledì 20 dicembre 2017
Anteprima del «Rapporto» dall’Osservatorio dell’Istituto Toniolo. Aperti sui modi, ma identità in crisi di fronte all’eterologa
Naturali, adottati, in provetta così i giovani «pensano» i figli
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L’Osservatorio Giovani dell’Istituto Giuseppe Toniolo prosegue nel suo costante monitoraggio del mondo giovanile, attraverso il Rapporto Giovani che uscirà, come ogni anno, nella prossima primavera e che presenterà il report dei dati raccolti nel corso del 2017. Molti i temi di stringente attualità, tra cui quello delle scelte procreative, con particolare riferimento alla procreazione medicalmente assistita (Pma). Quali sono le opinioni dei giovani nei confronti delle varie opzioni generative, come si avvicinano a tale fenomeno quando tocca un amico e quali le reazioni che essi si prospettano nel caso di un coinvolgimento personale? A questi interrogativi ha cercato di rispondere l’indagine promossa dall’Istituto Toniolo che si è basata su un campione rappresentativo della popolazione italiana di 2.256 giovani di età compresa tra i 20 e i 35 anni. La stragrande maggioranza di esso non ha figli (80,4%) e, a fronte del 58% degli intervistati che non conosce persone che hanno fatto uso di tecniche di fecondazione assistita, il 39% ne conosce e il 2,1% ne ha fatto uso.

Ai giovani abbiamo chiesto di dare un consiglio a un/a amico/a che vive con un partner di sesso opposto e non riesce ad avere figli e a un/a amico/a che vive con un partner dello stesso sesso e vuole avere un figlio, scegliendo una delle seguenti opzioni: cercare di avere una buona vita di coppia senza figli, ricorrere solo alla fecondazione omologa (solo per le coppie eterosessuali), anche alla fecondazione eterologa, all’adozione, all’affido o alla maternità surrogata. Ecco il panorama che ne esce. I giovani consiglierebbero di puntare su una buona vita di coppia anche senza figli in misura maggiore alle coppie omosessuali (40,2% per l’amico gay e 37,5% per l’amica lesbica) rispetto alle coppie eterosessuali (22,5%). A differenza delle coppie eterosessuali, per le quali avere figli pare essere ritenuto un fattore decisamente importante per il completamento della coppia stessa, nelle coppie omosessuali anche la sola relazione di coppia sembra dunque essere un fattore verso cui dirigere un investimento significativo. I dati mostrano inoltre che i giovani sono particolarmente propensi a consigliare l’adozione, la quale raccoglie percentuali più rilevanti di scelta rispetto all’utilizzo di tecniche di fecondazione assistita sia omologa che eterologa, vuoi per le coppie eterosessuali (35,7%) che omosessuali (44% per amico gay e 35,9% per amica lesbica). Da considerare che, nel caso delle coppie omosessuali, la percentuale risulta elevata anche in virtù del fatto che le opzioni che le tecniche di fecondazione assistita offrono per avere un figlio sono numericamente inferiori rispetto a quelle a disposizione della coppia eterosessuale e, nel caso della coppia gay, inferiori anche alla coppia lesbica.

Se prendiamo poi in considerazione le tecniche di fecondazione assistita nel loro insieme, il consiglio si rivolgerebbe esclusivamente alla omologa circa nel 15% dei casi, anche alla eterologa circa nel 15-19% dei casi e in percentuale decisamente più bassa alla maternità surrogata (2,4% per amico eterosessuale, 4,5% per amica lesbica e 8,8% per amico gay). Se analizziamo poi le risposte tenendo conto della differenza di genere notiamo che i maschi, rispetto alle femmine, si orientano in misura maggiore verso il rapporto di coppia, mentre le femmine puntano di più sull’avere un figlio. Questa tendenza è particolarmente rilevante nel caso di un amico gay, situazione che vede i maschi più restii rispetto alle femmine a consigliare, in questo caso, di avere un figlio. Abbiamo anche chiesto ai giovani le loro opinioni circa la donazione di sperma e ovulo. Colpisce anzitutto che la loro conoscenza dell’iter necessario per la donazione sia drammaticamente scarsa: l’80,3% dichiara di saper poco o nulla circa le procedure che occorre seguire per la donazione di sperma, percentuale che sale all’83,1% nel caso della donazione di ovulo, nonostante si tratti, specialmente in quest’ultimo caso, di procedure molto invasive e dolorose per il corpo femminile.

A fronte di questa scarsa conoscenza, alla domanda «Hai un caro amico che ha intenzione di donare il suo sperma. Tu cosa ne pensi?», il 52,5% degli intervistati approva la scelta, il 12,5% la disapprova e una percentuale di rilievo (35%) dice di non avere opinioni al riguardo. Si ottengono percentuali simili nella donazione di ovulo, con una leggera flessione delle approvazioni (51,5%), un leggero aumento nella disapprovazione (15,7%) e una leggera diminuzione della percentuale di giovani che non hanno opinioni al riguardo (32,8%). Da rilevare che sono le femmine ad approvare maggiormente rispetto ai maschi la scelta di un’amica a donare ovuli. Va anche sottolineato che il fattore religioso influisce sull’atteggiamento nei confronti della donazione di sperma e ovulo: sono infatti i giovani che danno poco valore alla religione ad approvare con maggiore probabilità la scelta di donare gameti, mentre i giovani che danno più valore alla religione tendono a disapprovare in misura maggiore tale scelta.
Rispetto alla fecondazione eterologa abbiamo perciò percentuali di risposte diverse se chiediamo ai giovani di dare un consiglio a un amico o se chiediamo di esprimere un’opinione di approvazione/disapprovazione. Nel primo caso i giovani si mostrano più cauti nel consigliarne l’uso mentre nel secondo si dichiarano molto più favorevoli. Non è al proposito irrilevante notare che, nel secondo caso, l’azione è qualificata come donativa («donare il seme/ovulo») e tale espressione, nella lingua italiana, ha una chiara connotazione positiva che può indurre uno spostamento della risposta verso l’approvazione.

L’orientamento valoriale influisce sulla percezione dei giovani? Questo è un altro interessante quesito al fuoco dell’indagine. In particolare, avere un orientamento più finalizzato alla crescita del sé e più benevolo verso gli altri (indicato con il termine «autotrascendenza») rispetto al fatto di avere un orientamento maggiormente interessato alla propria realizzazione personale (indicato con il termine «autopromozione») incide sul tipo di scelta? La risposta è positiva: infatti i nostri dati indicano che, sia nel caso della coppia eterosessuale che omosessuale, chi consiglierebbe di ricorrere all’adozione invece che optare per altre soluzioni riporta livelli superiori di «autotrascendenza», e ciò vale in particolare per le femmine, mentre chi consiglierebbe di ricorrere a fecondazione eterologa e maternità surrogata riporta livelli superiori di «autopromozione», e ciò vale particolarmente per i maschi.
L’indagine ha inoltre, in modo innovativo, cercato di sondare anche il vissuto più personale dei giovani, chiedendo loro di immaginare di avere un figlio in modo naturale o ricorrendo alla fecondazione omologa, eterologa o all’adozione. In particolare si è cercato di indagare se le varie modalità di avere un figlio avessero effetti su alcune dimensioni della propria identità, e nello specifico sulla stima di sé, sul senso della vita e sul senso di vicinanza agli altri. I risultati ottenuti fanno molto riflettere. Infatti emerge, a questo livello, un panorama assai diverso sia da quello ricavato dalle risposte sul consiglio a un amico sia da quello ottenuto dalla richiesta di approvazione o meno di donazione di gameti. È il ricorso alle tecniche di fecondazione eterologa quello che pare mettere più in crisi il senso di identità dei giovani poiché risulta associato a livelli molto bassi di stima di sé (24,5%), di senso della vita (26,3%) e di senso di vicinanza agli altri (23,5%). L’avere un figlio in modo naturale, invece, risulta rinforzare e incrementare il senso di identità, con percentuali molto alte in tutte e tre queste dimensioni (rispettivamente 58%, 48,6% e 39%). In posizione intermedia tra questi due estremi si situano sia la fecondazione omologa che l’adozione.

È importante evidenziare che sono le femmine più dei maschi a sentirsi svilite nella propria identità se immaginano di dover ricorrere alla fecondazione eterologa e invece arricchite se immaginano di avere un figlio in modo naturale. Sono perciò soprattutto le donne a dare centralità nella propria vita al figlio e quindi a essere particolarmente interpellate dal tipo di procreazione e a mostrare risposte con andamento non lineare. Esse risultano avere un atteggiamento ambivalente verso le tecniche di fecondazione assistita, specie eterologa, perché da una parte sostengono la scelta di mettere al mondo un figlio a qualsiasi costo e dall’altra, quando tale obiettivo le tocca più personalmente, ne intravedono la problematicità. Le donne paiono particolarmente in difficoltà se devono far ricorso a tecniche che portano ad avere un figlio con un patrimonio genetico estraneo in parte e, a volte, addirittura in tutto alla coppia.

*professore emerito di Psicologia sociale, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano presidente del Comitato scientifico del Centro di ateneo Studi e Ricerche sulla Famiglia

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