mercoledì 22 dicembre 2010
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Caro direttore,in un asilo quest’anno al posto della recita natalizia con Gesù le maestre hanno allestito una rappresentazione di streghe. Fin qui nulla di straordinario: il bello è che hanno voluto iniziare la rappresentazione con il canto natalizio "Astro del ciel". Al che una maestra che ancora ragiona ha fatto rilevare l’incongruenza. Ma le altre hanno candidamente ribattuto: «Che male c’è?». Così va il mondo. Per fortuna c’è ancora qualcuno che si salva!

don Paolo Pessina, parroco di Vogogna (Vb)

Caro direttore,sono il nonno di un bambino che questo anno frequenta per la prima volta la scuola dell’infanzia comunale. Ieri sono andato alla festa organizzata nella scuola in occasione del Natale. Lo spettacolo interpretato dai piccoli si articolava in canzoni natalizie alternate a frasi dette da un oratore del tipo: «il Natale sono i regali»; «il Natale è l’albero con le palline colorate»; «il Natale è stare a tavola con genitori e nonni a mangiare cose buone» ; ecc. Nulla che ricordasse il vero significato del Natale e mi è venuto una grande tristezza pensando che se si nasconde la verità già a quella età non è una bella cosa, specialmente a scuola.

Giovanni Ghidini, Milano

Caro direttore,c’è un mito che va scolorando, anno dopo anno. Quello del Natale. Esso è costituito da un quadro e da una cornice. Il quadro corrisponde all’avvenimento che viene ricordato ogni anno: Dio che si fa uomo. La cornice coincide con le derivazioni culturali di quell’avvenimento: luminarie, doni, auguri, clima di festa e di fraternità… Che cosa è accaduto negli ultimi anni? Che mentre il quadro si andava progressivamente oscurando, la cornice si è andata sempre più ingrandendo. Oggi, purtroppo, sembra rimasta quasi solo la cornice. Basti pensare che, nei centri commerciali, le decorazioni natalizie iniziano quasi due mesi prima. Alla fine, ne è scaturito un Natale sempre meno teologico e sempre più sociologico. Sempre meno Gesù Bambino e sempre più Santa Claus, luminarie, festoni, viaggi esotici, mutandine rosse… Fra breve, di questo passo, non si parlerà più di Natale ma di Vacanze invernali o di Festa del Nonno Gelo. Del resto, se il mistero dell’Incarnazione non viene narrato e proposto, è inevitabile che al Natale vero subentri il "Natale finto", fatto di spot televisivi, canzoni in inglese, auguri di circostanza. E, quando diamo gli "auguri", è come se dicessimo semplicemente buona fortuna. Eppure, il mistero del Natale è troppo profondo per essere eclissato. Esso ha creato la più grande rivoluzione di tutti i tempi. Ha mutato il calendario, spezzando la storia in un prima e in un poi. L’idea di un Dio che si fa uomo ha costruito, nei secoli, il concetto di persona. L’icona della madre con il bimbo in braccio ha messo al centro la dignità della donna e del bambino, facendo giustizia su millenni di supremazia maschile, destinando allo scacco la mentalità dell’aborto e dell’infanticidio, preparando la stagione della parità fra i sessi. Il Bambino di Betlemme rimarrà per sempre nel nostro cuore, come in una gelida grotta, nell’attesa che l’uomo rientri in se stesso. E, dopo aver toccato il fondo di una cultura che scandisce gli anni in base al nome dei "mostri" del crimine, torneremo un giorno alla semplicità del Presepe, dove il lupo e l’agnello, secondo le parole del profeta, pascolano insieme.

Luciano Verdone, Teramo

Tristezza, un po’ indignazione, speranza. Sono questi i sentimenti che emergono dalle vostre lettere, cari amici. Sentimenti forti, non tutti prettamente natalizi, ma che entrano in mille modi nel Natale di oggi (ma forse nel Natale di sempre...), lo venano e lo abitano. Noi cristiani sappiamo bene che la realtà va sempre conosciuta e compresa per quello che è, e non per quello che vorremmo che fosse. È necessario per poterla affrontare, è indispensabile se si aspira a cambiarla, è inevitabile se si punta davvero a essere – comunque e sempre – "sale". Del resto basta alzare lo sguardo sul mondo per rendersi conto che Cristo continua a nascere – come scrive il professor Verdone – nella «gelida grotta» posta nel cuore stesso di una "città dell’uomo" ancora largamente inconsapevole e spesso chiusa e ostile al Dio che si fa Bambino. Persino nel quartiere che tanti (a torto o a ragione) considerano cristiano per eccellenza – questa nostra Europa e, al suo interno, questa nostra Italia – si coltiva e quasi si ostenta, quando va bene, un’opaca indifferenza. L’importante è non rassegnarsi, ma vivere fede e festa con gratitudine e senza timidezza. Tenendo fermo lo sguardo sul Dono che ci è dato e non rinunciando mai alla nostra gioia di credenti. E io rigrazio di cuore don Paolo e nonno Giovanni per averci saputo dire in pochissime righe che cosa «c’è di male» nel mistificare il Natale di Gesù. Aiutiamo i più piccoli – e così ci aiuteremo tutti – a resistere ai maestri del niente. (mt)
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