giovedì 24 marzo 2016
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La crisi finanziaria che ci affligge dal 2008 è frutto di una grande astrazione: vite delle persone invisibili, ridotte a numeri, formattate e impacchettate in algoritmi dal potere apparentemente magico, per non dire miracoloso, di moltiplicare a dismisura il denaro. A vantaggio di pochi, anche se pareva non avesse importanza. Ma poiché 'tutto è connesso', la crisi non è solo finanziaria. Anche le dimensioni sociale, antropologica, culturale sono gravemente segnate da quello stesso processo di astrazione che impoverisce le nostre vite. Perché tale è l’individualismo che oggi rischia di avvitarsi in un processo autoreferenziale, trascinato da una potenza amplificata in misura accelerata e illimitata da una tecnica che spinge sempre più forte verso il trans-umano. Dimenticando così la nostra stessa genesi, che dice che veniamo da altri e passiamo la vita ad altri, e che siamo insieme debito, mancanza, proiezione in avanti: anelli di una catena che ci precede e ci supera. Di questa astrazione fa le spese la nostra corporeità, privata delle propria integrità e ridotta a una meccanica di parti sostituibili, a una collezione di organi che possono essere comprati, venduti, affittati. Ma anche i nostri mondi, sempre più fragili; le nostre relazioni, soggette a implodere con una violenza inaudita e brutale; il nostro patrimonio di cultura, beni comuni, imprenditoria, a rischio di venire dilapidato o assorbito, e dunque cancellato, da logiche impersonali. N onostante la gravità della situazione, nessuna misura realmente innovativa è stata presa. E comunque la ricetta non sono nuove procedure, né il tentativo di drogare i mercati nella speranza che le cose tornino come prima; e neppure, d’altra parte, un movimento di reazione in senso contrario all’espansione illimitata. Per incominciare un cammino di uscita dalla crisi – che non può che essere lungo e tuttavia può aprire orizzonti più umani di quelli che abbiamo perduto – la via è quella della concretezza. Non l’astrazione di nuovi modelli, non ricette costruite a tavolino, bensì l’osservazione attenta di ciò che di buono c’è, di ciò che è nostro e non importato da mondi con un’altra storia; di ciò che in realtà tutti ci invidiano perché rende l’Italia, quando non si lascia svilire dalle logiche predatorie di pochi, un luogo unico in cui vivere. Una concretezza già in atto e non un dover essere; una concretezza che parla di legami (con una tradizione, delle figure esemplari, un saper fare trasmesso tra le generazioni, un territorio, una comunità) e che ritesse la trama e l’ordito del tessuto sociale, creando valore condiviso. P er cogliere ed esprimere un tale movimento, che fa bella e ricca la vita personale e collettiva, da qualche anno parliamo generatività sociale. Ma che cosa intendiamo con questa espressione? Un gruppo di amici che di fronte a un bisogno o a un’emergenza sociale decide di riunirsi in un’associazione, dotandosi delle risorse strumentali e delle capacità umane e professionali utili per organizzare una risposta efficace e innovativa. Un imprenditore che ama la propria attività, non come un mezzo per far soldi, ma come un modo per realizzare qualcosa di bello, che lo appassiona e di cui è orgoglioso; che coinvolge altri nella sua impresa, promuovendone le capacità, stimolandone la creatività e risvegliandone la responsabilità e l’iniziativa. Cittadini che si mettono insieme per salvaguardare e promuovere il proprio territorio, finendo per creare nuove occasioni di crescita per i più giovani. Ecco solo alcuni esempi di che cosa è la generativita sociale: un paradigma per andare oltre la società dei consumi e le sue contraddizioni, nella consapevolezza che una nuova prosperità potrà essere raggiunta solo cambiando la relazione tra il desiderio che anima la vita di ciascuno e l’organizzazione sociale, economica e istituzionale che ci circonda. L a generatività indica la via positiva al superamento della crisi 'adolescenziale' nella quale la società individualistica ha finito per ritrovarsi: l’Io narcisistico – a cui piace pensare che tutto il mondo gli ruoti attorno – rimane impigliato nella trappola di un desiderio che non riesce a colmare. E di fronte ai tanti problemi che il mondo che lui stesso ha creato gli restituisce, si ritrova esposto alle pulsioni reattive che i populismi, come ben vediamo, sono pronti a catturare. Per uscire da questa impasse occorre un’idea di libertà più ricca e consapevole, capace di accettare il rischio di attraversare il vuoto che il desiderio ci spalanca davanti, attraverso un’affezione creativa che, proiettata verso il futuro, non pretenda di dominare ciò che ama. Le organizzazioni, le associazioni, i movimenti e le istituzioni che incorporano la logica della generatività contrastano il destino dell’irrigidimento e della routine mediante un’azione transitiva – un dare, un consegnare, un trasmettere – il cui fine ultimo è la capacitazione di altri. In questo modo, la generatività sociale dà vita a processi sociali aperti, capaci di rilanciare il futuro e di creare una forma dinamica di legame sociale: sia tra le persone che si mettono insieme per realizzare ciò a cui danno valore, sia nel tempo, tra le generazioni, poiché ciò che viene messo al mondo dalla nostra creatività possa vivere, anche trasformandosi, al di là di noi. I n questo senso, la generatività sociale è un modo per esercitare creativamente la libertà, portando il proprio originale contributo, insieme ad altri, al mondo e alla vita. Una via per andare al di là delle passioni tristi della società consumerista. L’Archivio delle Generatività, che raccoglie storie generative, è al servizio di questo dinamismo sociale. Un movimento già in atto, multiforme e diffuso, capace di produrre valore per molti, che l’Archivio vuole raccontare, capire, diffondere, rafforzare, come via concretissima per uscire dalla crisi. Sono storie di imprese, associazioni e istituzioni che vivono creativamente il tempo lungo delle generazioni, che sanno lasciar andare anziché trattenere e difendere, e autorizzare altri dopo averli accompagnati alla maturità dell’essere e del fare. Mettendo in rete, come modo per condividere e camminare insieme, l’Archivio ci dice che nessuna storia in sé è conclusa ed esaurisce il modello, bensì che ogni racconto è prezioso, unico e insostituibile per restituirci ciò che siamo o che potremo essere. In questo modo, l’Archivio della Generatività Sociale è uno strumento per creare comunità narrando. Per mobilitare energie e moltiplicare le iniziative generative, ma anche per capirne la logica profonda e immaginare, anche insieme a chi ci ha preceduto e per chi verrà dopo di noi, un futuro oltre la crisi. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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