lunedì 6 agosto 2012
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​Com’erano belli i tempi in cui si andava in vacanza. Tutti assieme, in automobile, verso i lidi adriatici o tirrenici, o giù giù fino al profondo sud, alle inesauribili coste pugliesi e calabre. Un mese intero in albergo, modesto ma confortevole; sempre lo stesso, dove ti sentivi a casa. Potevamo permettercelo; noi, o i nostri genitori. Oggi gli albergatori comunicano, in lanci d’agenzia listati a lutto, che i vacanzieri italiani in un anno sono precipitati da 33,2 a 27 milioni con percentuali da de profundis: meno 21,5 in giugno, meno 13 in luglio, meno 29,5 in agosto; e settembre sarà anche peggiore.Che cosa sta accadendo? Facile – è il primo pensiero spontaneo – ci sono meno soldi, quindi si taglia ciò che è considerato superfluo. La vacanza. Abolita o sforbiciata. No, troppo facile, perché a certe spese – iPad, ad esempio, e altri gadget elettronici ritenuti decisivi per il nostro “posizionamento sociale”, ossia per godere della imprescindibile considerazione altrui – non rinunciamo. In altri termini, ammettere di non essere andati in vacanza al mare non fa problema; mostrarsi in pubblico con un telefonino considerato vetusto, sì.Ma il calo delle presenze denunciato da Federalberghi può avere un’altra possibile causa. È la somma algebrica del non avere effettivamente denaro per la vacanza; più il semplice timore di non potersela permettere, la vacanza, perché il clima è depresso; più, appunto, il pessimismo diffuso. Potrebbe – il condizionale è più che mai d’obbligo – scattare un meccanismo di questo tipo. Nei momenti di pessimismo tendo a ripiegarmi su me stesso; ma la vacanza è, in genere, una spesa comunitaria, che riguarda la mia famiglia (moglie e figli e nipoti), o la coppia di fidanzati, o il gruppo di amici; in genere, la vacanza si vive – o si consuma... – insieme. Nelle fasi di pessimismo sono disposto a spendere, ma per me, soltanto per me. Il gadget elettronico – per il quale non è segnalata alcuna depressione – è appunto un oggetto personale che produce una gratificazione limitata all’individuo che se lo concede.Ma neanche la somma algebrica convince del tutto. Forse bisogna avere uno sguardo diacronico, una prospettiva storica. Occorre guardare al passato prossimo. Il mese intero di vacanza cominciò a scivolare dalle dita della classe media italiana già con il declinare degli anni Settanta. Chi poteva permetterselo, cominciò a inventarsi le vacanze in maggio, settembre e altri – un tempo – impensabili periodi dell’anno; bisognava non avere figli in età scolare e svolgere una professione "elastica", ma per godersi mare e sole a prezzi accettabili anche novembre andava bene. Poi altri ribassi, nuove malinconie, i figli in vacanza all’estero a divorarsi una fetta cospicua delle risorse... Ed eccoci a questa depressa estate 2012. Depressa? Nessuno osa mettere in dubbio il lamento degli albergatori. Ma proprio ieri le stesse agenzie di stampa avvertivano di code estenuanti sull’A22, l’Autostrada del Brennero, non solo in direzione Sud (tedeschi assetati dei nostri laghi) ma anche in direzione Nord, italiani verso... verso dove? Altre code erano segnalate sull’A8 Monaco-Salisburgo: italiani smaniosi di accomodarsi sulle sponde seducenti dei laghi teutonici: Ammersee, Starnbergersee, Chiemsee... Più a occidente, 6 chilometri di coda e un’ora di attesa al San Gottardo, in entrambe le direzioni.Le analisi e le deduzioni possono suonare più o meno convincenti. Ma, in una buona misura, noi italiani restiamo un mistero insondabile, innanzitutto a noi stessi. C’è solo da sperare che tra chi riesce a non dare un taglio alla vacanza, ma ne cambia saggiamente il taglio (e il costo), in molti si ricordino di voler bene all’Italia.
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