Meno figli, meno vita (e meno democrazia)
martedì 21 dicembre 2021

Nascono meno bambini, molti meno. Sono 15mila in meno nel 2020, e 12mila e 500 (finora) nel 2021. Lo so che su queste pagine l’allarme viene documentato e approfondito da anni. Ma anch’io voglio dire la mia. La denatalità è un indice davvero brutto per una società: indica che non si ama la vita e non si vuole trasmetterla. Non è un indice che dipenda dal benessere, quando le nascite sono poche non significa che si sta peggio, e quando sono tante non significa che si sta meglio.

Nel dopoguerra, che è stato un periodo piuttosto lungo (è stata dura tirarsi su dalla batosta della guerra mondiale perduta, ma è stata anche una lezione, perché quella guerra noi italiani l’avevamo voluta e provocata), le nascite erano tante, la popolazione cresceva, e chi ha la mia età ricorda che le famiglie più povere erano anche le più numerose: non c’era da mangiare, eppure le bocche da sfamare crescevano. Ma eravamo in un trend positivo. C’era voglia di vivere, di darsi da fare, di metter su casa, di cercare lavoro magari all’estero. I nostri padri poverissimi (c’eran regioni del Sud e del Nord Italia, come il Veneto, che eran sacche di Terzo Mondo in casa nostra), facevano qualsiasi mestiere, per quanto precario, per quanto faticoso, e cercavano lavoro nei Paesi vicini, come la Francia, ai quali si offrivano per le campagne stagionali, come quella delle bietole.

Io ero studente di scuola media, sapevo il francese, e i braccianti della zona venivano da me per farsi scrivere le lettere con le quali chiedevano al padrone dell’anno prima di riprenderli per un mese o due, allo stesso salario, «anche meno, se lo stesso salario non si poteva». Io scrivevo per loro e mi sembravano degli schiavi. Poveri, bisognosi di tutto, e supplici. Ma tutti avevano figli. La Chiesa aveva più autorità di adesso, e sul fare figli non demordeva, rilanciava il motto «crescete e moltiplicatevi». La popolazione cresceva, e tutti vedevano questo indice come un segno di progresso. Non si viveva bene, ma la vita era un bene così grande che bisognava trasmetterlo. Adesso si vive bene, ma tendiamo a non trasmettere la vita.

Mia madre ha avuto 4 figli, adesso mediamente una donna ha 1 figlio virgola 17. Se una coppia ha un solo figlio, la popolazione cala inesorabilmente. I dati che ho sottomano dicono che un tasso più decente di nascita c’è soprattutto da genitori immigrati, anche se, italianizzandosi, tendono poi anche loro a fare meno figli. La grande responsabile di questo calo di figli è la pandemia. La vita è meno gioiosa, non è entusiasmante come una volta. Allora nascere (anche poveri) era sempre 'un lieto evento', da festeggiare, adesso è un problema, anche se non lo si dice, è maleducato dirlo.

Il calo delle nascite trasforma le famiglie: in una famiglia che ha un solo figlio cosa cambia rispetto alla famiglia di ieri che ne aveva di più? Il dialogo. Nella famiglia con più figli si parlava tanto, pranzo e cena erano discussioni. Magari vaniloquenti e caotiche, ma pur sempre discussioni. Ci si abituava alla democrazia, agli altri. Le famiglie con un solo figlio educano all’individualismo, e lo si vede a scuola, anzi già all’asilo. Parlano meno. La famiglia dei miei figli parla meno della mia, che parlava meno di quella da cui venivo.

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