giovedì 18 agosto 2016
 Manovra di bilancio, prima i figli a carico
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Caro direttore,  il confronto sulle scelte da privilegiare nella Legge di bilancio 2017 è entrato nel vivo. Assodata (anche se qualche dubbio resta, vista la condizione di deflazione) la volontà di non aumentare l’Iva e confermata la priorità agli investimenti pubblici e privati, resta da scegliere, o da dividere quel che rimane, tra diverse opzioni in campo, ben sapendo che i margini di manovra sono stretti. Il rinnovo dei contratti per il pubblico impiego non è più rinviabile, anche se non va dimenticato che una buona parte dei dipendenti pubblici beneficia degli 'ottanta euro', cioè già di un vero aumento. Anche la possibilità di pensionamento anticipato, con i relativi incentivi, deve necessariamente trovare qualche spazio, soprattutto perché apre a nuovi ingressi di giovani nel mercato del lavoro. La riduzione generalizzata dell’Irpef sulle famiglie, modificando le aliquote, costerebbe molto e sconta il rischio di non considerare i carichi familiari. Con il risultato di avvantaggiare soprattutto i nuclei monoparentali o poco numerosi: una scelta forse pagante in termini di consenso visto che i minori non votano, ma non equa. Ci sono dubbi anche sulla volontà di concedere un aumento, magari sotto forma di una mensilità aggiuntiva, a chi beneficia di pensioni sociali. È indiscutibile che si tratta di persone spesso in condizione di difficoltà, ma non infrequentemente siamo anche di fronte a comportamenti opportunistici, che bisognerebbe affrontare con determinazione prima (o almeno insieme) alla concessione di nuovi benefici. A ciò si aggiunga il fatto che andremmo, ancora una volta, a concentrarci sulle generazioni avanti negli anni. È poi in campo – con crescente enfasi da parte di tutto il Pd, come testimoniano recenti articoli sul suo giornale – la possibilità di destinare risorse aggiuntive per il sostegno dei figli a carico. Il disegno di legge in discussione al Senato, adottato come testo base, firmato da oltre cinquanta senatori Pd e di cui sono il primo firmatario, a settembre sarà messo al voto in Commissione finanze. Prevede una delega al Governo per l’introduzione di un’unica misura generalizzata, applicata con blanda selettività, in grado di sostituire tutti gli interventi attualmente in campo e intervenendo, da subito, a favore dei nuclei familiari che oggi non beneficiano di alcun aiuto pubblico per i loro figli. Si prevede un incremento di due miliardi all’anno per i successivi due anni, quindi con una dotazione aggiuntiva a regime di quattro miliardi. Una cifra importante certo, ma non impossibile, viste le risorse stanziate su altre importanti misure negli anni scorsi. Le audizioni svolte in Commissione sulla proposta hanno trovato largo consenso. Si tratterebbe infatti di una scelta di equità tra generazioni e tra nuclei familiari; di una misura in grado di semplificare drasticamente la giungla di norme oggi in campo, allineandoci alle migliori esperienze europee; di un intervento in grado di rilanciare la natalità e di sostenere la maternità in condizioni difficili. Darebbe dignità alle famiglie povere, aiutate per diritto e non per assistenza. Infine, ma non meno importante, darebbe slancio ai consumi interni: le famiglie di reddito medio e basso con figli a carico hanno un’alta propensione al consumo di beni e servizi di prima necessità, quindi prevalentemente a produzione locale o nazionale. Si tratterebbe pertanto di un buon modo per mettere subito in tasca degli italiani soldi che vanno a consumi interni, quindi a crescita del Pil. Ecco dunque l’auspicio: il Governo faccia sua, migliorandola, la delega in discussione in Parlamento e la inserisca nel prossimo disegno di Legge di bilancio. Scegliere di investire non solo sulle opere, ma sui figli, avrebbe soprattutto un grande valore simbolico. Significherebbe ridare slancio a un’Italia invecchiata e che rischia solo di sopravvivere. *Vicepresidente dei senatori del Pd
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