venerdì 5 giugno 2015
Riflessione sul valore e doveri dei cooperatori dopo i 44 arresti di ieri. (Danilo Paolini)
L'INCHIESTA  Primi interrogatori, indagato il sottosegretario Castiglione 
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Una volta incisa, la ferita infetta va sottoposta a drenaggio. Può essere letta così, la seconda triste puntata dell’inchiesta Mondo di mezzo sulla cosiddetta "Mafia Capitale". Certo il colpo è stato forte e stordente come sei mesi fa, forse anche di più per quanto riguarda il sistema politico romano e laziale (ma pure per i corrispondenti partiti nazionali, dal Pd a Forza Italia), con nomi di primo piano finiti in carcere o ai domiciliari. Spetterà al tribunale in sede di processo «scindere la gente chiara dalla no», per citare un illustre figlio di questa stessa terra, Lucio Battisti. Ma già ora, a prescindere da quelli che saranno gli esiti giudiziari della vicenda, ce n’è abbastanza per dire che si conferma un’allarmante infiltrazione di una parte importante e meritevole della società e dell’economia italiane, quella della cooperazione. Niente alibi per nessuno, allora. Il marciume, quando c’è, va eliminato fino in fondo. Meglio ancora sarebbe, per il futuro e a cominciare da subito, se la pulizia venisse dall’interno: è più facile, viene meglio e fa meno danni. Con la consapevolezza che c’è un tesoro da salvaguardare. Un tesoro che, negli anni, ha portato frutti buoni, ha prodotto pane onesto per migliaia e migliaia di famiglie, ha creato modelli sani e ricchezza autentica per intere zone di questo nostro Paese.Le buone pratiche, che ci sono eccome, devono tornare a essere la regola. Non si può – come è già accaduto negli anni scorsi con un altro fiore all’occhiello italiano, la Protezione civile – rischiare di smantellare un meccanismo che funziona, una risorsa per tutti i cittadini, a causa del malcostume di alcuni, pochi o tanti che siano. Perché poi arrivano i terremoti e le alluvioni, e la Protezione civile è lì dove serve. Perché nelle case degli italiani sono tanti i disabili e gli anziani, e in genere sono le cooperative di servizi ad assisterli. Perché, ancora, migranti e profughi stanno sbarcando a migliaia e qualcosa, con civiltà e competenza, bisognerà pur fare.Certo, non "mangiarci" sopra. Non trattare come «una mucca da foraggiare, altrimenti non si può mungere» una politica che purtroppo, spesso, si comporta in modo tale da avvalorare tale definizione. Non fare soldi, come secondo gli inquirenti sarebbe avvenuto, sui bisogni di gente che non ha più niente, neanche una patria. Non è quella la ricchezza da creare, perché gonfia i portafogli di pochi e ammorba la vita di tutti, proprio come i veleni versati nella "Terra dei fuochi". È così che si uccidono i sogni e si semina la disillusione cronica, se non il cinismo. Dei giovani, soprattutto. Degli italiani. Degli immigrati, dei profughi che scappano da guerre e persecuzioni per ritrovarsi in un Paese dove nessuno, di questo passo, crederà più che possa esistere l’onestà.E invece esiste. Esistono i funzionari integerrimi del Comune di Roma e della Regione Lazio, le cui figure emergono dagli atti dell’inchiesta. E ne esistono in tutti i Comuni e in tutte le Regioni, così come i politici perbene e le cooperative che svolgono il loro lavoro senza barare. È la «speranza da salvare» di cui abbiamo scritto all’inizio di "Mafia Capitale".È la nostra speranza ed è quella dei nostri fratelli al di là del Mediterraneo, persone e non merce da contrattare a tot euro al giorno, magari tangente inclusa. Sciogliere il nodo Libia e realizzare (ovviamente a livello internazionale) soluzioni alternative per affrontare i fenomeni migratori – corridoi umanitari, campi di accoglienza e uffici per richiedenti asilo in Africa – può togliere argomenti ai populisti d’ogni nazionalità e deve contribuire a tagliare le unghie a chi specula sulla disperazione.
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