venerdì 2 ottobre 2015
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La prevenzione contro i cattivi maestri e il terrorismo d’importazione sembra funzionare. Lo dimostra l’ennesima espulsione di un imam, Sofiane Mezzerreg, algerino salafita di 36 anni, alla guida del centro islamico culturale 'Guida Retta' di Schio ( Vicenza), rimandato a Tunisi mercoledì. Ma questa volta, prima ancora del lavoro di intelligence che la Digos e il ministero degli Interni hanno svolto, è importante come e perché è scattato l’allarme, in quale ambito prima di altri si è compreso che il predicatore islamico rappresentava un potenziale pericolo per la nostra incolumità e più ancora per i valori di pace, democrazia e rispetto reciproco sui quali si fonda la nostra convivenza civile. Tutto comincia infatti una mattina come le altre a scuola, in una classe di quelle che adesso si chiamano primarie. La maestra vuole insegnare la musica e per farlo propone agli alunni di quinta alcune semplici melodie, da ripetere poi con il flauto. Nell’aula, però, ci sono anche dei bambini di origine maghrebina e di fede musulmana che iniziano a tapparsi le orecchie e non ne vogliono proprio sapere di ascoltare quelle musiche, tantomeno di utilizzare poi gli strumenti per riprodurle. «Ascoltare musica è peccato», suonarla poi ancora peggio, spiegano all’incredula maestra. Ed è a questo punto che parte una segnalazione e sull’imam (con ogni probabilità già 'sotto osservazione') si concentra maggiormente l’attenzione della Polizia. Le indagini portano poi a verificare che l’imam aveva più volte assunto in pubblico posizioni marcatamente radicali e ostili ai Paesi dell’Occidente. Ciò che è più grave, secondo le forze dell’ordine l’uomo avrebbe «indotto i piccoli fedeli a desiderare, una volta divenuti adulti, di compiere gesti eclatanti anche con l’uso delle armi». Un indottrinamento dei bambini terribile e inaccettabile, prima ancora che pericoloso. Ma questa non è una vicenda solo di cronaca, di indagini e polizia. È anzitutto una storia che parla di cultura, di educazione e di bellezza contrapposta all’odio. Il fulcro sta tutto in quella classe di bambini, ai quali in nome di una fede stravolta in ideologia, si vorrebbe proibire perfino il piacere della musica, di apprezzarne l’armonia, la possibilità di essere condotti dalle note a scoprire il vero. Quello che solo le arti e la natura sanno disvelare agli uomini. Ed è proprio questa educazione alla bellezza che le ideologie politiche e le fedistrumentalizzate temono maggiormente e noi dobbiamo invece avere più cara. È proprio lì, in quelle classi, con quelle maestre, persino con quei (terribili) flauti che si contrasta il pregiudizio, l’odio e la violenza. È proprio lì, in quelle classi, che possono crescere gli italiani migliori di domani, a prescindere da quale Paese provengano. Respingendo chi predica amputazioni dell’umano, accogliendo chi ci parla di bellezza, ovunque nascosta, ovunque presente.
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