sabato 1 maggio 2010
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Il Cottolengo, Piazza San Carlo e naturalmente il Duomo. Sono i punti cardinali del viaggio che domani porterà il Papa a Torino, ideali «segnalibro» per le pagine di fede che scriverà ai piedi della Sindone. Cittadelle nella grande città, unite dall’affetto per il «pastore» tanto atteso, legate insieme con il filo rosso della sofferenza che dona vita. Perché quello alla Sindone non è un pellegrinaggio come gli altri. La gente non si mette in fila per contemplare il miracolo, non accende candele, più ancora di risposte cerca la voce del silenzio. O forse il miracolo c’è. Nell’offerta delle nostre e altrui solitudini, nei segni della sofferenza più atroce riletti alla luce della Risurrezione, negli occhi chiusi dell’Uomo dei dolori, porte aperte sul presente del Padre.«Guardiamo a lui nei momenti di calamità e angustia – scriveva il cardinale Ratzinger nel 2005 per la Via Crucis al Colosseo – per riconoscere che proprio così siamo vicini a Dio». Parole che bussano alla superficialità del nostro tempo dove, dalla bellezza ai beni materiali, sembra contare solo ciò che è destinato a svanire. Quasi una cornice per l’incontro di domani al Cottolengo, ospedale con medici e strutture all’avanguardia ma soprattutto «casa» per gli ultimi, i malati, gli anziani, i poveri che nessuno vuole. Benedetto XVI li ascolterà, darà voce a storie di ordinario abbandono, pregherà con chi ripete «Deo gratias» mille volte al giorno, pur non non avendo in apparenza niente. Molti di loro si sono già messi in coda per contemplare la Sindone, specchio del Vangelo alla cui luce diventa unico e irripetibile anche chi è disprezzato. Un piccolo viaggio solo in apparenza perché trovare la forza di aprire il cuore e di mettersi in ginocchio può essere più faticoso di mille chilometri a piedi. Dalla Piccola Casa della Divina Provvidenza, il nome «vero» del Cottolengo, alla Cattedrale, il «luogo» dell’Ostensione, sono poche centinaia di metri. Più o meno la stessa distanza che separa il Duomo da Piazza San Carlo il salotto buono di Torino, ingentilito da bar storici e cioccolaterie, con lo sguardo che spazia lontano fino a Palazzo Reale, e dall’altra parte le due chiese gemelle, austere sentinelle della carità. Qui domani mattina Benedetto XVI celebrerà la Messa e poi tornerà nel pomeriggio per l’incontro con i giovani. Si sono preparati con cura i ragazzi, nella preghiera e con la riflessione, perché la festa da sola non basta e il coraggio di andare controcorrente lo puoi trovare solo dentro di te. Al Papa diranno la loro voglia di vita e la paura di sentirsi diversi, metteranno nelle sue mani la fatica di crescere, gli domanderanno come trovare la strada della vera libertà. La risposta non può che essere la scuola del Vangelo cui l'Uomo dei dolori rimanda. Quel volto rigato dalla sofferenza, quel corpo ridisegnato dal sangue ci insegnano cosa vale davvero, sono una lezione di libertà. Un messaggio duro in apparenza ma che non esclude il sorriso, anzi lo richiede. Perché donarsi ha senso se fatto in modo gratuito. Con gioia. Che è il valore aggiunto della fede, la firma autografa di chi si dice cristiano, la cornice che valorizza il quadro. La copertina della nostra piccola storia di uomini che scriviamo ogni giorno.
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