martedì 2 settembre 2014
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«Il Meeting è entrato in crisi, proprio come Cielle». Questo è il verdetto di influenti giornali e giornalisti, o – meglio – di alcuni tra essi. Una sentenza preventiva, e come scolpita 'a porte chiuse', quando l’evento riminese doveva ancora aprire i battenti e che ha finito per condizionare non poco la lettura politica della kermesse e la politica stessa, grande assente nell’edizione 2014. Quest’anno, partecipare al Meeting dell’amicizia tra i popoli era più che mai 'politicamente scorretto'. Perché il premier Matteo Renzi a Rimini non è andato e perché tra i ministri in carica non si è verificato il solito pigia pigia per salire sull’ultima tribuna civile (e, dunque, anche politica) agostana. Chi a Rimini è venuto o l’ha fatto per un affetto antico o perché vede lontano. Già perché a conti fatti in questo Meeting la politica non è stata solo la grande assente, ma anche l’unica assente.  Non sono scappati gli imprenditori, non è fuggito il pubblico partecipante. Certo, quelli hanno 'investito' di meno (e qualcuno, per quanto ci riguarda, da osservatori interessati e da documentati oppositori del dilagare dell’azzardo, avrebbe potuto anche non alzare striscioni e slogan). E, in realtà, il 'popolo' del Meeting è apparso un po’ meno folto, se si possono davvero considerare un 'meno' le centinaia di migliaia di persone che hanno investito giorni e piccoli risparmi per vivere alcune ore in un mondo vero eppure profondamente diverso da quello di tutti i giorni, dal mondo della 'crisi'. Forse la chiave di lettura per capire il successo e l’insuccesso andati in scena al Meeting è tutta qui, nella 'crisi'. Un termine decontestualizzato e scagliato come un anatema. Un’etichetta appiccicata a una manifestazione culturale coraggiosa, organizzata in un Paese col fiatone e in un continente assediato prima di tutto - come è stato scritto più volte su questo giornale - «dai propri errori e dagli orrori che ha lasciato crescere intorno a sé». Privato del suo significato originario, quello greco di scelta e discernimento, di momento di passaggio oltre il quale non vi è necessariamente il peggio: krisis, non thanatos. Grecismi inavvicinabili da parte di un’opinionistica e di una politica che sentenzia e prende decisioni – e magari le capovolge – con un battito di tweet. La 'crisi', così, può ben diventare un arcigno spaventapasseri. Eppure in un Paese nel quale ogni Consiglio dei ministri è raccontato come un’ordalia e che si trova, volente o nolente, sul fronte di una guerra mondiale già in corso, ci si ritrova davanti allo spettacolo (che si finge di non vedere) di centinaia di migliaia di famiglie, di giovani e di anziani che 'pagano' per affacciarsi sullo 'strano' mondo del Meeting, visitano mostre su Tolstoj e Peguy, interrogano giovani imprenditori che osano investire nel tempo delle vacche magre, fanno amicizia con preti di altre chiese e persone di altre fedi, insomma continuano – insieme, e pubblicamente – la ricerca di qualcosa di meglio della paura e del mugugno. Testimoniando così che, come recitava la seconda parte del titolo di quest’anno, anche quando la strada è in salita 'il Destino non ha lasciato solo l’uomo'. Se lo 'strappo' dalla politica di Cielle e del Meeting, che certamente c’è stato, risponde alla visione di don Julián Carrón – che ripropone e attualizza il concetto caro a don Giussani di una «irrevocabile distanza critica» dalle case dei partiti –, l’attenzione anche politica alla risorgenza degli interessi nazionali e internazionali e allo sviluppo di reti globali che quest’anno è lievitata con particolare forza sotto l’ombrello del Meeting non rappresenta una novità nella storia di questa realtà. Cosa diversa è lo strappo della politica con il Meeting. È un fatto. E non sapremo mai cosa avrebbero saputo e potuto dire gli invitati (e assenti) a migliaia di persone che, invece, si sono riunite a Rimini per ascoltare e capire, che vi hanno trascorso intere giornate portando con sé familiari e amici, consapevoli che la comprensione passa attraverso il ragionamento e la democrazia si alimenta di un confronto lungo, a volte faticoso, mai scontato. E proprio a partire da quelle «periferie geografiche ed esistenziali» che sono state esplorate sull’onda lunga lanciata da papa Francesco. Già… Ma meglio parlare e scrivere d’altro, meglio insistere sul concetto cardine di questi tempi: 'crisi'. Parola breve che meriterebbe lungo tempo e paziente spazio, ma che sta perfettamente in un  tweet.
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