Rifiuti, è lo stato di Roma la vera questione capitale
martedì 9 gennaio 2018

Ogni anno, in media due volte l’anno, arriva l’appuntamento con l’immondizia di Roma. Non che per il resto del tempo la città sia pulita (anzi, è sporca sempre e ormai da anni), ma di solito nel cuore dell’estate e in coincidenza con il periodo natalizio la situazione si aggrava e diventa insostenibile, a causa di una serie di motivi. Questo, come da programma, è uno di quei momenti. E poco, molto poco, conforta (al contrario, semmai indispone) il fatto che il Campidoglio neghi «l’emergenza» parlando invece di «criticità» di un sistema di raccolta che tutto sommato «ha tenuto». Sorvoleremo qui, poiché ne riferiamo in sede di cronaca, sulle polemiche tra il Comune e la Regione Lazio, sui problemi di tattica politica con l’Emilia Romagna, sui negoziati in corso con l’Abruzzo. La domanda che rimane sullo sfondo, infatti, è soltanto una: di quale sistema stiamo parlando? Roma, questa è la triste verità, non ha un vero sistema di trattamento dei rifiuti: per anni si è salvata perché ha continuato a mettere la polvere, cioè i rifiuti, sotto il tappeto, ovvero la megadiscarica di Malagrotta.

Chiusa, giustamente, quest’ultima, la Capitale rischia di restare soffocata dai suoi stessi sacchetti. Per non parlare delle strade e dei marciapiedi, che non vengono spazzati e sono lastricati di bottiglie, cartacce, escrementi di cane, frutta e verdura marce, vestiti, frigoriferi, mobili, divani... La lista è lunga e ogni giorno, va detto, si allunga a causa della maleducazione di romani e non che gettano per la strada ciò che non serve più. Ma, insomma, crediamo che il problema dell’inciviltà non sia un’esclusiva di Roma. Esclusiva di Roma, invece, è senz’altro il fascino che tuttora esercita sui turisti di tutto il mondo i quali, bontà loro, continuano a venire. E forse abbagliati dalla sua bellezza - il Colosseo è al primo posto nella classifica dei beni culturali italiani più visitati - chiudono un occhio o entrambi sulla monnezza nella quale ormai galleggia.

Ma non si può tirare a campare. Soprattutto perché chi a Roma vive (e il più del volte non abita al Pantheon, ma al Laurentino, al Prenestino, al Salario, all’Aurelio) non campa affatto bene. Perché Roma è sporca, certo, e uno con un minimo di coscienza ambientale è costretto a camminare anche per un chilometro prima di trovare cassonetti non stracolmi in grado di ricevere i sacchetti della differenziata e dell’indifferenziata. Perché le strade sono dissestate e piene di buche, perché con frequenza preoccupante crollano al suolo alberi anche secolari, perché le linee della metropolitana non sono degne di una capitale europea, perché le corse degli autobus sono poche e spesso in ritardo.

Ma anche perché non è per niente facile essere Roma e, quindi, essere romani. Soltanto nel 2017, in città si sono svolte quasi 1.800 manifestazioni, tra cortei, comizi e sit-in. Sono 5 al giorno, considerando anche le domeniche e i festivi. Si sa: chiunque deve protestare, contro qualsiasi cosa, viene dove ha sede il Potere. E se allarghiamo lo sguardo agli «eventi» - vertici internazionali, incontri diplomatici, concerti, manifestazioni sportive eccetera - lo scorso anno Roma ne ha ospitati 11mila.

Eppure il questore Guido Marino, che giusto ieri ha illustrato alla stampa il suo bilancio per il 2017, può ben descrivere una città sicura «ma mai blindata». Con una punta di amarezza, si potrebbe dire che Roma è più sicura sul fronte dell’ordine pubblico che non su quello igienico-sanitario.

I nodi da sciogliere, allora, sono politici. Intendiamoci, anche con precedenti amministrazioni la città funzionava poco e male. Tuttavia, il grande successo del Movimento 5 Stelle e della sindaca Virginia Raggi alle elezioni comunali di un anno e mezzo fa è figlio proprio dell’esasperazione dei romani per la situazione dei rifiuti, delle buche, dei trasporti...
A oggi, però, la maggioranza cittadina che aveva promesso «l’inizio di una nuova era» non sembra aver ottenuto risultati migliori delle precedenti di centrosinistra (Ignazio Marino) e di centrodestra (Gianni Alemanno). Anzi, le spiegazioni date sulle «criticità», così come i ricorrenti annunci di «svolte» in tema di trasporto pubblico, ricordano in maniera imbarazzante quelle dei cosiddetti «vecchi partiti». Qui si fa il tifo solo e soltanto per la città e la sua gente. Lo stato di Roma non è tema di rissa, è questione davvero capitale. E nazionale.

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