giovedì 15 novembre 2012
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Quello di colpire la legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita (pma) è un obiettivo perseguito ostinatamente con ogni mezzo, incluso il goffo blitz della scorsa settimana alla commissione Affari Sociali della Camera: un emendamento dell’Italia dei Valori – spuntato a sorpresa approfittando di alcune assenze importanti – per modificare la legge sulla pma e consentire di partorire in anonimato, e quindi di non riconoscere il figlio, anche alle donne che ricorrono alla fecondazione assistita, come già accade per chi è rimasta incinta per vie naturali. Il divieto di parto anonimo solo per la pma ha le sue buone ragioni: innanzitutto, il parto di una donna che si è affidata alle tecniche in vitro è il momento tanto atteso da una coppia che ha affrontato un percorso lungo e faticoso, e comunque sempre problematico, anche per chi ritiene lecito questo tipo di procedure.Lo scopo del parto in anonimato è evitare il ricorso all’aborto o all’infanticidio: una scelta per la vita del nascituro, dovuta a condizioni di estrema difficoltà della madre, che non hanno motivo di porsi in una gravidanza da fecondazione in vitro, fortemente voluta da entrambe i genitori. Un’ulteriore buona ragione per vietare il parto anonimo per chi fa pma è quella di evitare il ricorso surrettizio all’utero in affitto: la donna che porta avanti una gravidanza a pagamento (che spesso include anche la fecondazione eterologa) potrebbe partorire in anonimato.Il padre biologico, che ha commissionato la gravidanza insieme alla moglie infertile, potrebbe riconoscere il nato come proprio figlio naturale, facendolo entrare nella sua famiglia. Non è un esercizio di fantasia, purtroppo, perché il mercato internazionale della provetta ha già ampiamente mostrato la praticabilità di questi percorsi. Il voto della commissione, se venisse confermato, potrebbe inoltre aprire conflitti all’interno della stessa legge 40, in cui si prevede il consenso informato della coppia ai trattamenti, che può essere revocato solo «fino al momento della fecondazione dell’ovulo». Il parto anonimo contraddice la volontà, messa per iscritto e non più revocabile, della donna di avere figli: una volontà molto ben accertata, ricordiamo, per cui il consenso informato è il punto di arrivo di un lungo percorso della coppia, graduale e condiviso con gli operatori sanitari.Ci sarebbero poi i presupposti per situazioni surreali riguardo al padre: ammesso e non concesso che la donna possa cambiare idea, e partorire in anonimato, che ne è del consenso scritto del padre? Non potrebbe anche lui cambiare idea? E ancora: cosa succederebbe se una donna partorisse in anonimato, all’insaputa del padre, essendo però ancora valido il consenso esplicito del padre ad avere figli? Insomma, un gran pasticcio quello della commissione Affari sociali, troppo impegnati nel blitz contro la legge 40 per pensare anche alle conseguenze.Ma è veramente difficile che questa modifica sia confermata: il voto in commissione è solo il primo atto dell’approvazione di una norma, che deve percorrere il lungo iter parlamentare con la discussione e il voto alla Camera e poi al Senato. C’è ancora tutto lo spazio per eliminare le modifiche apportate dalla commissione Affari sociali, ammesso che si abbia il tempo di farlo, visto che questa legislatura è alla fine. Nonostante ciò, la gran parte della stampa ha dato la cosa come fatta.Giornali e notiziari hanno riportato, con toni trionfalistici, la notizia che non c’era: la presunta, ennesima modifica alla legge 40. «Le mamme della fecondazione assistita potranno non riconoscere i loro figli»; «abbiamo eliminato le diseguaglianze»; «viene corretta una discriminazione»; ma, soprattutto, «questo emendamento va ad aggiungersi alle varie sentenze che in questi anni hanno minato la legge 40, sottolineandone l’inadeguatezza e l’incoerenza». Tutto falso, naturalmente: la legge 40 finora ha subìto una sola modifica, da parte della Corte Costituzionale, che ne ha lasciato immutato l’impianto. L’emendamento pasticcione approvato dalla commissione Affari Sociali molto probabilmente rimarrà lettera morta. Ma che importa? Calunniate, calunniate, qualcosa resterà.
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