Lo scandalo infinito del traffico d'armi e la resistenza che non si può smettere
sabato 1 agosto 2020

Gentile direttore,
su varie tv, tutti i giorni, più volte al giorno, vengono trasmesse immagini dure, di bambini senza cibo e acqua, senza istruzione, orfani e via di questo passo. Vengono richiesti nove euro al mese per alleviare parte di quelle sciagure e dare possibilità di vita a un’intera generazione di bimbi. Sacrosanto, bellissimo e molto evangelico. Io quei nove euro al mese non me li posso permettere perché debbo spaccare l’euro per arrivare a fine mese (anche se a fine mese non arrivo mai con qualche spicciolo in tasca). Ciò premesso, subito dopo il sentimento di pietà, prevale la rabbia e la ribellione. Con i miei (ipotetici) nove euro al mese, consentirei di mettere una pezza sulla camera d’aria della bici di quei bambini, ma sarebbero vanificati da chi poi semina spudoratamente chiodi a tre punte davanti alla bici di quegli stessi piccoli. Non sarebbe più saggio e fruttuoso debellare davvero, e una volta per tutte, l’orribile traffico di armi e interessi, e dirottare tutti quei miliardi (miliardi, non patatine), che consentirebbero di liberare la strada da tutti i chiodi fin qui seminati? In pochissimo tempo sarebbe un fiorire di vita, acqua, medicine, cibo, scuola, ospedali, ecc. Altro che puntare sulla pietà popolare, nobilissimo sentimento, ma dai risultati assai scarni. Siamo fuori tempo perché tutto ciò abbia fine! Prendersi cura dei più deboli è anche non dargli armi invece di pane. Se è concesso, la pregherei non pubblicare il nome per esteso. Grazie e scusate lo sfogo.

Antonio T.

Capisco lo sfogo, gentile e caro amico, e anche le ragioni della sua mite richiesta di discrezione, ma - per stare alla metafora che ha scelto - credo che valga sempre la pena di garantire biciclette funzionanti ai bambini e alle bambine di tutto il mondo. Ovvero mezzi per percorrere la vita in pace con se stessi e con tutti e con tutto ciò che ci circonda. Chi sa e può contribuire a questo, lo faccia. Chi non può ma, come lei, vede bene il problema, continui civilmente a battersi per realizzare la pace, nella libertà e nella necessaria giustizia.
Quando qualcuno torna a sottolineare le proporzioni drammatiche e impressionanti del mercato delle armi in un mondo affamato di pace, mi viene sempre in mente la ferocia degli attacchi che subiscono coloro che denunciano lo sporco business della guerra, lo sciupio di risorse e di umanità che questo mercato propizia e i troppi frutti dolorosi del realismo cinico racchiuso nella constatazione-sentenza di Vegezio: si vis pacem, para bellum (se vuoi la pace, preparati alla guerra). Papa Francesco negli ultimi anni è diventato il principale bersaglio di un odio calcolato eppure irragionevole, ma sia la sottile perfidia di alcune offensive sia l’aggressiva volgarità di altre, condotte a suon di insulti e mistificazioni, finisce per esaltare la forza profetica della sua predicazione. Ma in ballo ci sono giganteschi interessi politici ed economici e, così, gli attacchi continuano e addirittura si infittiscono.
Ecco perché il Papa non possiamo e non dobbiamo lasciarlo mai solo, sostenendolo anche - come lui stesso ci chiede - con la preghiera. Non possiamo lasciarlo solo, così come non abbiamo lasciato soli i suoi predecessori che lungo tutto il Novecento e in questi primi decenni del XXI secolo hanno seminato parole e gesti di pace pur nell’infuriare di guerre grandi e piccole, viste e non viste. Penso, insomma, che la pietà popolare, la carità cristiana e la generosa solidarietà di tanti uomini e donne di buona volontà siano qui e ora, forme possibili e indispensabili della "scarna" eppure tenace resistenza che, accanto a Francesco, non possiamo smettere di esercitare davanti al fascino brutale (e persino ammantato di eroismo) dell’antico male fratricida. Pietà, carità e solidarietà sono strumenti di lavoro e di buona vita "complementari", e niente affatto alternativi all'abolizione della guerra. Essi, infatti, creano la terra soda su cui agire per «debellare l’orribile traffico di armi e interessi». Uno scandalo infinito, ha proprio ragione caro signor Antonio. Infinito, ma non eterno. Anche se ci sentiamo «fuori tempo» (e magari lo siamo davvero), ci rendiamo conto che "giorno verrà…". Facciamo, allora, che ogni giorno sia, tanto o poco, anticipazione di quel giorno benedetto in cui noi o i nostri figli sapremo schiodare la vita del mondo dalla croce della guerra.

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