L'impegno di un nuovo welfare per le "vittime" del telelavoro
sabato 10 aprile 2021

Caro direttore,

dati, rapporti e analisi sono concordi purtroppo nel segnalare che nella progressiva distruzione di lavoro a causa della pandemia le donne stanno pagando un prezzo esorbitante. Per di più un’indagine condotta dall’Inps tra agosto e settembre 2020 attesta che con il lavoro agile o smart working le donne che scelgono di lavorare da casa si sentono cristallizzate nella tradizionale divisione dei ruoli all’interno delle famiglie, con risultati critici quanto a benessere, produttività, prospettive di lavoro professionale. E questo perché nonostante una diversa e diffusa vulgata, il cosiddetto smart working non agevola le donne, determina una «distribuzione asimmetrica» (così su lavoce.info del 15 marzo 2021) dei vantaggi e degli svantaggi e piace di più agli uomini.

Questi dati ci restituiscono una realtà sfaccettata e complessa che dovremmo essere capaci di districare, a iniziare dalla confusione che in questo anno si è prodotta tra smart working e telelavoro, sovrapponendo il secondo e le sue modalità oggettivamente rigide, ma non ancora completamente codificate, al primo. La differenza però esiste, ed è chiara: se il lavoro agile è normalmente considerato uno strumento di bilanciamento del rapporto vita-lavoro e per questo coerente con la conciliazione che occupa un posto rilevante nella Riforma del lavoro, lo è perché concorre a favorire la possibilità di tenere insieme i due ambiti, riducendo per esempio il tempo degli spostamenti per un’organizzazione più flessibile del tempo, in questo modo sostenendo e agevolando l’impiego delle donne e le loro prospettive di carriera.

Quanto è accaduto in questi drammatici mesi non è stata, però, una diffusione a tappeto di lavoro agile, quanto invece di telelavoro. Che restituisce ben poco quei benefici, ma rischia di far fare alle donne decine di passi indietro, riportandole in un ambito esclusivamente domestico, a quel punto divise tra cura della casa, cura dei figli e lavoro. Diventa così ancora più chiaro perché quando si parla di “pandemia pagata dalle donne”, è anche a questo che ci si riferisce. Interpreto come conferma indiretta, non a caso, il favore con cui è stato accolto l’accordo siglato tra Autostrade per l’Italia e sindacati di categoria che riconosce ai lavoratori delle società in smart working e con figli occupati nella didattica a distanza di potersi staccare temporaneamente dalle connessioni per seguire i figli. Una buona notizia e una pratica intelligente e interessante che però fa emergere appieno la contraddizione appena delineata e indica che per affrontarla e risolverla, dalla parte delle donne, gli strumenti non possono essere quelli del welfare di secondo livello demandati al rapporto tra singola azienda e parti sociali. È obbligatorio affinare e integrare gli strumenti e i servizi di nuovo welfare perché la conciliazione vita- lavoro, pure nel lavoro a distanza, sia flessibilmente a misura di donna. Anche al multitasking, di cui per anni ci siamo sentite orgogliose, c’è, come dire, un limite.

Di questo, direttore, discuteremo nel corso della “Primavera delle Idee” che Italia Viva ha inaugurato con grande entusiasmo. Perché su nuovo welfare e nuovi servizi destinati a famiglie e donne, funzionali ai nuovi paradigmi che vogliamo inaugurare e tesi a rafforzare la strategia che orienta il Family Act, non bisogna assolutamente fermarsi, come Alessandro Rosina ha invitato a fare dalla pagine di “Avvenire”. La nostra democrazia si misura anche dal grado di autonomia e libertà delle donne.

Presidente di Italia Viva e viceministra alle Infrastrutture e Mobilità Sostenibili

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: