«Licenziato, ho capito di essere polvere». È vero, ma anche noi siamo resurrezione
venerdì 17 marzo 2017

Gentile direttore,
la Quaresima inizia con il rito delle ceneri ed è abbastanza semplice ricevere un po’ di polvere sulla testa, più difficile rendersi conto di essere tu stesso quella polvere. Ne ho avuto la chiara percezione il 7 marzo quando sono stato licenziato: spazzato via come polvere. Così spaesato e senza sentimenti ho riscritto la bellissima poesia del poeta Tagore: «Cosa fai in questo ufficio buio dalle porte chiuse? Apri gli occhi e guarda: non è qui la tua gioia. Non è nelle carte, nei libri e nei progetti dei burocrati. È con la gente che sta sotto il sole e la pioggia, che cammina nelle strade, in coda davanti alle mense, sotto i portici a ripararsi dal freddo, levati quel manto di sapienza e scendi con loro nella polvere delle strade». È così che avrei voluto fare, ma non ne ho la forza. Polvere della polvere della mia storia.

Fabrizio Floris

Non la conosco personalmente, caro amico. Mi permetto di chiamarla così. Ma ho imparato a conoscere le sue riflessioni acuminate e profonde, sempre gentili nella forma e forti nella sostanza (non tutte pubblicate, per le regole che ci siamo dati sulla frequenza delle uscite in pagina dei nostri più affezionati e incalzanti lettoriinterlocutori). E questa conoscenza non mi permette di ri-conoscerla nello scoramento che emerge dalla chiusa di questa sua lettera. Lei è una persona colta e informata, ricca di umanità e capace di esprimere e condividere tutte queste ricchezze. Credo che il suo licenziamento – cioè, se ricordo bene, la chiusura (immagino brusca, e in ogni caso dolorosa) di un’attività di ricerca che ha svolto a livello universitario – rappresenti bene la condizione presente del nostro Paese. In Italia non stiamo riuscendo a custodire e a valorizzare, ma anzi spesso mortifichiamo il patrimonio di competenza e di entusiasmo a cui tantissimi nostri giovani concittadini danno consistenza con i loro studi, le loro energie spese generosamente, il loro serio lavoro, le loro fiduciose attese. Ho scritto “loro”, pensavo “nostre”. E questa è la verità. E la verità non è mai madre della rassegnazione, ma delle buone battaglie. È anche vero, verissimo, che tutti siamo polvere e polvere ritorneremo. Ma è altrettanto vero – è la fede cristiana che professiamo a rivelarcelo, dicendo qualcosa di molto importate anche a ogni coscienza civile contro la fascinazione del nulla – che risorgeremo in carne e ossa. Io credo che quel grande giorno verrà. Ma so anche (e non per letteratura, ma perché le ho sperimentate anche io) che lungo il cammino non sono poche le piccole e squassanti resurrezioni del cuore, dell’anima e del nostro “qui e ora” alle quali – ognuno in modo diverso – siamo chiamati. Saper guardare a Colui che con la sua Resurrezione ci ha aperto la via più importante è di grande aiuto. Lei ha l’umiltà e l’altezza per usare questo sguardo e per ricominciare. Le auguro, così come lo auguro a ogni altro (ri)cercatore di umanità e di futuro, di poter spendere fino in fondo i talenti che ha ricevuto e affinato. E chiedo ancora una volta a chi ha potere e, a ogni livello, governa l’oggi e il domani comune di creare le condizioni perché questo avvenga.

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