Perché la lotta alla povertà non si fa solo a colpi di click
sabato 2 settembre 2023

Anche due “click day” possono dare un’idea di quali siano gli indirizzi e gli obiettivi che guidano l’azione della politica. Il 1° settembre ha riaperto la piattaforma digitale dedicata ai fondi residui del “bonus trasporti”, cioè il voucher da 60 euro per l’acquisto di abbonamenti ai mezzi pubblici riservato a chi non supera i 20mila euro di reddito. Lo stesso giorno ha debuttato, sul sito dell’Inps, il Sistema informativo per l’inclusione sociale e lavorativa (Siisl) per richiedere il Supporto alla formazione e al lavoro (Sfl), ovvero il contributo da 350 euro destinato ai soggetti “occupabili” che non percepiranno più il Reddito di cittadinanza.

Partiamo dal ticket per i trasporti. Le risorse previste in questa finestra sono state polverizzate in un’ora. Poco dopo le 9 del mattino, agli oltre 500mila utenti in coda è stato comunicato che il budget era andato esaurito con 24.322 richieste soddisfatte. Chi è rimasto a mani vuote potrà fare un nuovo tentativo il 1° ottobre, sempre se avanzerà qualcosa dal mancato utilizzo dei bonus richiesti a settembre. Della serie: ritenta e (forse) sarai più fortunato. Il ministero del Lavoro definisce l’iniziativa «un grande risultato» e informa che i contributi emessi in 5 mesi sfiorano i 2 milioni (1.923.420). Premesso che tale incentivo non è stato introdotto dal governo Meloni, ma era già previsto da precedenti esecutivi di diverso colore politico, vale comunque la pena riflettere sulla logica che c’è dietro a questo bonus. In pratica, si premia chi arriva prima. Possibile che un sostegno pensato per sostenere con fondi pubblici le famiglie, gli studenti, i pensionati e i lavoratori più in difficoltà debba essere assegnato con questo metodo, come se fosse un biglietto per la finale di Champions League o un concerto dei Coldplay? Forse bisognerebbe pensare a formule meno discriminatorie di quelle che scatenano corse sul Web tra soggetti che avrebbero uguali diritti.

L’esordio della piattaforma post Rdc ha riscosso decisamente meno successo. Il primo giorno si è chiuso con 8mila iscrizioni (l’attesa era di 10mila) su una platea di oltre 200mila potenziali beneficiari. In questo caso c’è tempo fino a fine anno per richiedere il sussidio. Ad aver frenato gli accessi è stato anche il complesso iter previsto per presentare la domanda. Occorre districarsi tra mille sigle: dall’accesso con Spid, Cie (Carta d'identità elettronica) o Cns (Carta nazionale dei servizi) fino alla sottoscrizione del Pad (il Patto di attivazione digitale). È vero che c’è un contact center per l’assistenza e ci si può rivolgere a un patronato, ma in un’Italia agli ultimi posti in Europa per competenze digitali non si può dare per scontato che migliaia di persone con un Isee inferiore a 6mila euro siano tecnologicamente avanzate (e sufficientemente attrezzate) da riuscire a fruire dei loro diritti. In molti casi si tratta di soggetti analfabeti o con un titolo di studio che non supera la terza media. La difficoltà informativa è stata anche uno dei talloni d’Achille del Rdc, misura che ha avuto comunque il merito di mitigare una crescita ancor più sostenuta della povertà. Non a caso, realtà come la Caritas e l’Alleanza contro la povertà chiedono da anni politiche di presa in carico della popolazione più fragile e azioni sartoriali in grado di intercettare le varie forme di disagio e miseria. È innegabile che sia una sfida complessa. Ma non si può neanche immaginare che i sistemi di protezione sociale si esauriscano sulle piattaforme online. O con assalti a colpi di click.

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