Alla prova di vere riflessioni su referendum e cammino comune
sabato 27 agosto 2016
Caro direttore,
apprezzo "Avvenire" che poco alla volta sta mettendo a confronto diverse opinioni sul Sì o sul No alla riforma costituzionale e consente di leggere argomenti non faziosi da una parte e dall’altra. Detto questo, le argomentazioni a favore del No espresse dal deputato del Pd Franco Monaco su "Avvenire" del 4 agosto dove hanno affiancato quelle a favore del Sì di Lorenzo Dellai e Bruno Tabacci mi hanno lasciato perplesso e un po’ deluso. Mi colpisce che lui, già dirigente di associazione cattolica, abbia criticato la dirigenza della Cisl, delle Acli e di altri movimenti cattolici che si sono espressi per il Sì. Ho partecipato per anni a incontri, dibattiti e seminari finalizzati a mettere a fuoco i motivi che rendevano necessarie alcune modifiche della seconda parte della Costituzione... Certo nel testo varato ci saranno ambiguità e forse anche qualche contraddizione, alcuni dicono che è scritto male, ma non si può passare sotto silenzio che è frutto di lunghe riflessioni e di ben sei democratici passaggi parlamentari tra Camera e Senato. Sto ammirando di più Sì sofferti come quello di Massimo Cacciari, e di altri commentatori, che pur criticandone alcuni aspetti si sono dichiarati per la conferma di questa riforma. E mi chiedo: ma come si fa a dimenticare i fallimenti riformatori negli ultimi 40 anni? Dobbiamo ringraziare il presidente Napolitano che, quando la stragrande maggioranza del Parlamento gli chiese di restare al Quirinale, condizionò il suo sì a un impegno corale per condurre in porto due riforme: quella costituzionale del Bicameralismo e del Regionalismo e quella della legge elettorale. Matteo Renzi lo ha fatto, mettendoci la faccia e riuscendo a coinvolgere nella definizione della struttura delle riforme la principale forza dell’opposizione di centrodestra che poi, dopo l’elezione del nuovo Capo dello Stato (a cui Forza Italia non volle partecipare) si è sfilata. E adesso proprio dal Pd arriva una serie di No? Sono un cittadino comune che rispetta l’avviso di chiunque e, dunque, anche questo, ma mi piace più la coerenza, che certi distinguo... La nostra Carta si può modificare. Poi, si valuterà in concreto il lavoro fatto e, caso mai, correggere e perfezionare le norme che non dovessero funzionare a dovere. L’impressione che io ricavo da certe mobilitazione è quella di un anti-renzismo pregiudiziale e di maniera. E vedo anche una certa paura di cambiare questo Paese e di farlo più moderno e più trasparente. Se avevo dubbi, certi No, pur legittimi, mi spingono ancora di più a votare Sì.

Antonio Bodon, Bovolenta (Padova)

Caro direttore,
il premier Renzi ha chiesto a tutti di approfondire il contenuto del prossimo referendum, cosa che ho fatto. E questo ha accentuato le mie già serie perplessità circa le riforme della Costituzione sulle quali sarà chiamato a decidere il popolo italiano. Dopo questo lavoro, la prima osservazione che mi viene da fare è che il tema centrale di questo passaggio non è, come viene solitamente sottolineato, la riforma del Bicameralismo perfetto attraverso il cambiamento della composizione e delle funzioni del Senato: su questo punto la proposta mi sembra confusa. Sarebbe stato meglio abolirlo del tutto. Così, rimangono ingenti spese e, a mio parere, si creano le premesse per conflitti di competenza con la Camera dei deputati, che saranno fonte di diatribe e di perdite di tempo. Il problema più importante posto dalla riforma è l’ulteriore estensione di uno statalismo centralista che, sinceramente, mi preoccupa. Il nuovo Titolo V che viene proposto toglie alle Regioni numerosissime funzioni e, soprattutto, introduce una sorta di principio di supremazia dello Stato, sulla base del quale esso potrà comunque annullare quelle leggi regionali che non riterrà conformi al proprio progetto politico. Dal punto di vista delle autonomie dei corpi intermedi (articolo 2 della Costituzione), mi sembra che la riforma produca una cultura punitiva nei loro confronti, privilegiando eccessivamente l’ideologia statalista, il che dovrebbe preoccupare anche il popolo cattolico, sulla base della dottrina sociale della Chiesa. Coerentemente con questo pensiero centralista di fondo, vengono abolite le Province, ma non le Prefetture. Capisco che si voglia rimediare alla riforma (sbagliata) del 2001, ma il rimedio peggiora la situazione. Se, poi, in questo contesto, si pensa che abbiamo una legge elettorale che darà tutto il potere a un unico partito (magari del 20/25%), penso che si capisca il senso della mia preoccupazione. Un unico partito avrà in mano un potere immenso per un quinquennio. Non mi piace. Mi permetta, caro direttore, un’ultima osservazione. La Costituzione è la legge fondamentale, che detta le regole valide per tutti gli italiani. Mi sembra molto inusuale che si sia fatto di tutto per imporre queste regole "a colpi di maggioranza", senza avere la pazienza e la saggezza di cercare il maggior consenso possibile. La strada scelta sta dividendo il Paese e questo non è bene, soprattutto in questo momento, in cui, per svariati ed evidenti motivi, sarebbe preferibile il massimo di unità.

Giuseppe Zola, Milano



Ancora una volta registro la forte e argomentata diversità di opinioni sulla riforma costituzionale varata dal diciassettesimo Parlamento repubblicano che viene trasversalmente espressa da più parti, e anche da persone impegnate nei vivaci "mondi" del cattolicesimo italiano. Ringraziando gli amici lettori Bodon e Zola, dico subito che questo non mi stupisce affatto: la Costituzione di una grande democrazia è dal punto di vista civile un vero e preziosissimo "bene comune", e più è sentito come tale meglio è. Sia le spinte "riformatrici" sia quelle "conservatrici" sono un modo per dimostrare questo attaccamento vivo a un Patto comune di tale rilevanza.Sono perciò contento di questo giustamente libero e appassionato dibattito. L’importante è che teniamo salda la consapevolezza che la nostra Carta, che settant’anni fa ha dato direzione e slancio alla costruzione e ricostruzione di una nuova Italia, ha alla base idee guida, visioni e grandi intese che non sono poste minimamente in discussione da questa riforma che riguarda aspetti cruciali dell’ordinamento della Repubblica, ma non l’impianto valoriale della nostra democrazia. Vorrei che tenessimo a mente soprattutto due punti. Il primo: gli ordinamenti democratici hanno sempre difetti, ma sono la migliore forma di governo delle società complesse e segnate da un valore che mi piace definire della «libertà corresponsabile» dei cittadini, cioè da una solidarietà che si rinnova e non è mai imposta da uno Stato-padrone. Se questo si realizza e si preserva, nessuna temporanea cristallizzazione della forma democratica è intoccabile e nessuna è funesta. Il secondo punto riguarda tutti noi, perché le democrazie sono come le viviamo. E la nostra, ovviamente, non fa eccezione. La costante insistenza di altissime autorità morali e religiose, e anche nostra su queste colonne, sull’importanza della partecipazione attiva dei cittadini e sull’esercizio del diritto di voto non è una fisima da romantici della politica, ma la pre-condizione del buon funzionamento di un sistema rappresentativo. Ripeto non ci sono forme democratiche buone o cattive in assoluto, ci sono democrazie usate male o usate bene. L’Italia, ce ne rendiamo conto ogni giorno, ha bisogno di usare bene la propria per risollevare se stessa da una crisi di sfiducia e di impoverimento prima di tutto, nel senso più pieno, umano (e, infatti, anche demografico). Credo che questo sia il tempo per farlo, tenendo cari e comunicando ai "nuovi italiani" venuti a vivere e a lavorare con noi i nostri valori-cardine e ridando pieno slancio al cammino comune del nostro popolo nella comune patria europea. Sarebbe grave sprecare questo passaggio consegnandoci a un dibattito condizionato dal timore e, magari, dalle personalizzazioni antipatizzanti verso il premier Renzi o qualunque altro leader. Confermo che cercheremo di dare il nostro contributo di attenzione alle questioni vere, ai fatti e alle persone perché questo non avvenga.
Marco Tarquinio
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