In ascolto della vita ferita di Paci: effetti di una storia samaritana fatta rubrica
sabato 16 dicembre 2017

Caro direttore,
grazie per l’ospitalità che in questi “tre mesi” state offrendo a Paci, il personaggio della rubrica di don Mauro Leonardi, pubblicata in prima pagina. Non sono mai stata tanto assidua come in questi mesi nel cercare ogni mattina quel piccolo spazio, che dentro ha un mondo perché è il mondo delle relazioni. Con se stessi, con Dio, con chi ci sta vicino. Sono le relazioni a far fiorire la vita, e abbiamo tanto bisogno di curarle un po’ di più, e di farle curare dal Signore. È bello allora prendere il caffè con Paci, la mattina, e scoprirmi letta, intercettata, provocata da quel suo chiaroscuro che è anche tanto nostro. Perché nessuna relazione, se è vera, si può dichiarare, come il reddito, con un modello fisso. Gesù nei Vangeli ha sempre scelto di avvicinarvisi, accompagnarla, illuminarla con la sua Parola e il suo sguardo. Fare la stessa cosa con Paci, credo, ci può aiutare a farlo anche con chi ci sta vicino. E addirittura con noi stessi.
Sabina Nicolini, Roma

Signor direttore,
scrivo per chiedere conto della rubrica blasfema curata da don Mauro Leonardi, che esalta l’adulterio e si fa beffa della fede cristiana bestemmiando tra le righe. Mi chiedo, in particolare, se ci sia qualcuno che dia l’approvazione a ciò che certi elementi scrivono nel vostro sito... Chiedo, perciò, a nome dei cristiani offesi, l’immediata cancellazione della rubrica e l’interruzione di ogni collaborazione con Leonardi.
Luciano Lovin

Caro direttore,
sono un attento e appassionato lettore della rubrica che ogni tre mesi alterna gli autori, scelti tra i migliori testimoni dell’Assoluto che agisce nella quotidianità e nella storia universale. Dal primo di ottobre, come qui già ho scritto, sto seguendo con interesse e stupore crescente gli scritti di don Mauro Leonardi. Interesse per gli argomenti e stupore per la delicata trama che, vista pur solo al rovescio, palesa una coinvolgente attenzione all’umano nella luce della “Buona Novella”. Alla fine apparirà un grande quadro d’insieme. Giorno dopo giorno intravvedo un arazzo stupendo, di cui don Mauro ogni giorno distribuisce piccole pietre. Sarebbe bene raccoglierle tutte, ma almeno perderne il meno possibile.
Pierluigi Travaini, Verona

Caro direttore,
a don Mauro Leonardi non posso che dare del tu: per come mi ha letto dentro, e per come sta cogliendo le pieghe (e anche le piaghe) delle mia vita e, credo, di tanti altri. Vorrei digli: «Don Mauro, no, io non ti chiedo un “lieto fine” della narrazione contenuta nella tua rubrica “In tre mesi”, mi basta “il fine”, che è quell’amore travagliato, faticoso, imperfetto: proprio così, come dev’essere, in attesa, quaggiù. È bello così».
Stefano Ziliani, Monticelli d’Ongina (Pc)

Gentile direttore,
vorrei complimentarmi con Mauro Leonardi per i suoi scritti nella rubrica “In tre mesi”. Belli, piacevoli, realistici, capaci di scuotere, che dunque fanno riflettere. Penso che molte donne si ritroveranno con le loro sofferenze e le loro situazioni in quelle descritte nella figura di Paci, ma anche a noi uomini viene ricordato come si può arrivare a trascurare le persone a noi vicine. Quegli scritti sono occasioni per fare dei salutari esami di coscienza. Mi piacerebbe però che nel proseguo di questa storia famigliare ci fosse qualche ripensamento di René, un raggio di luce, che porti, se non un lieto fine, almeno un inizio di nuovo cammino per la coppia formata da lui e da Paci, uno stimolo per noi lettori a fare qualche passo in meglio. Un saluto cordiale.
Francesco Ferrari, Merate (Lc)

Gentile direttore,
sarei lieto se don Mauro Leonardi, l’autore della rubrica “In tre mesi”, raccogliesse i suoi scritti in un libretto. Vorrei avere la possibilità di rileggerli tutti dall’inizio, perché probabilmente qualcuno l’ho perso. Io, direttore, sono “René”, nel senso che mi identifico con lui. Otto mesi fa ho scoperto che mia moglie mi tradiva e poi lei mi ha rivelato che la cosa andava avanti da molti anni nella mia più totale ignoranza. Per me è stato un trauma psicologico tale da rischiare rimanessero solo macerie talmente piccole e sparpagliate da far sembrare insensato qualunque tentativo di ricostruzione. E invece, a dispetto della devastazione interiore ed esteriore, un lento cammino di ripresa è iniziato; duro, difficile, come salire a piedi nudi su una montagna lungo un sentiero fatto di pietre taglienti, dove ti ferisci e sanguini a ogni passo. In questo percorso la rubrica di don Leonardi è di grande aiuto per capire cosa è successo alla relazione con mia moglie in quanto affronta la situazione senza giri di parole e va al cuore dei sentimenti che si provano. La ringrazio, direttore, del coraggio dimostrato ospitando questa rubrica e la prego di estendere i miei ringraziamenti a don Leonardi. Le assicuro che per me è molto doloroso chiederle di non firmare con nome e cognome questa lettera, ma sono certo che lei ne capisce le ragioni.
lettera firmata


Le vostre, cari amici e care amiche, sono lettere che mi hanno fatto davvero pensare. Tutte. Anche quella con il durissimo (e, per me, davvero lunare) atto d’accusa del signor Lovin. So bene, infatti, che ogni testo scritto da mano d’uomo e di donna può essere diversamente letto e interpretato, e che le parole che usiamo sono capaci di suscitare echi profondi e imprevedibili nella testa e nel cuore di chi le legge. La narrazione per voce femminile intitolata “In tre mesi” (esattamente la durata di ogni ciclo di rubriche sulla prima pagina di “Avvenire”) che don Mauro Leonardi sta sviluppando dal 1° ottobre scorso e che si concluderà a fine dicembre è un’esperienza di lettura coinvolgente e provocante. Ho – com’è naturale, nella mia responsabilità di direttore – il privilegio di leggerla in anteprima e di conoscere lo sviluppo e la conclusione di ognuno di questi percorsi a tappe e ho scelto di proporre la storia dolente, ordinaria eppure straordinariamente “scomoda” di Paci (e di suo marito René, e di sua figlia Marta, e dell’amica Stella e di un altro uomo senza nome) perché – a mio parere – ha una forza che costringe alle domande e all’inginocchiamento “samaritano”. E per la fiducia che nutrivo e nutro nello “sguardo” scabro e partecipe che Mauro Leonardi, sacerdote e scrittore, sa esercitare sui sentimenti, gli errori, le speranze, i tradimenti, le contraddizioni, gli affidamenti e le resurrezioni che costellano le nostre esistenze. Un tratto che gli è proprio sia nell’azione pastorale sia nel dibattito civile ed ecclesiale sia nella militanza letteraria. Sono perciò contento che tanti lettori si siano seduti, come dice la signora Nicolini, «a prendere il caffè con Paci». E sono commosso dalla fiducia, simmetrica alla mia verso l’Autore, con cui alcuni di loro (come l’amico lettore che s’identifica in René) hanno condiviso anche con me riflessioni, esami di coscienza, proteste e ricominciamenti. Ma sono anche scosso da polemiche come quella di chi non ha preso sul serio il cammino “In tre mesi” accanto a Paci. E, voglio dirlo chiaro, non penso ai nostri lettori, ma ad altri che altrove hanno stizzosamente pontificato e sentenziato, e magari hanno descritto la rubrica di don Leonardi (sbagliandone anche il nome) come lo spazio in cui un «sacerdote bergogliano» dava spazio in prima pagina alla «lettera di una donna». Potrei concludere che ci sono persone che non sanno leggere, ma scrivono lo stesso. Mi freno. Dico solo che io continuo a credere che almeno i cristiani se si fermano davvero, anche solo su una pagina di giornale, accanto a qualcuno che è caduto e cerca di rialzarsi (o se si affacciano su un’intimità ferita), soccorrono anche semplicemente con un po’ di attenzione prima di giudicare (ed evitano di sbirciare in modo sussiegoso e aspro dei pensieri inermi e nudi).
La civile, e anche vigorosa, libertà di critica a un testo (alla sua qualità, ai suoi contenuti) non è ovviamente in discussione, ma la greve leggerezza con cui, in questi nostri tempi, ci sono persone più o meno credenti che parlano e straparlano di “blasfemia” o, addirittura, immaginano “esaltazioni dell’adulterio” non smette di allarmarmi e di ferirmi. Mi batto da troppi anni contro coloro che in nome della lotta alla “blasfemia” e – udite, udite! – alla “immoralità” perseguitano nostri fratelli e sorelle di fede e altri esseri umani colpevoli di credere e pensare diversamente, persone comunque innocenti, per non inorridire davanti a certe esasperazioni. Alle quali, purtroppo, ci si dedica. Ecco perché sono, invece, così grato ai nostri lettori. E sono orgoglioso di “camminare” con loro.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI