Le due frequentazioni più una che fanno buona la politica e sana la democrazia
sabato 15 aprile 2017

Caro direttore,
nella “Cronaca di Travnik” (1942) Ivo Andric mette in bocca a un funzionario dell’ambasciata francese in Bosnia (siamo al tempo delle campagne di conquista napoleoniche) le seguenti parole: «Sono sempre più convinto di quanto sbagliamo nel momento in cui vogliamo trapiantare ovunque, schematicamente, le nostre convinzioni e il nostro modo di vivere e di comportarci, strettamente ed esclusivamente razionale. Mi sembra sempre più un tentativo vano e insensato, perché è assurdo voler far sparire gli abusi e sradicare i pregiudizi se non si ha la forza e la possibilità di rimuovere le cause che li hanno generati». Leggere riflessioni come questa, che, nonostante il variare del mondo, conservano la loro validità a lunga distanza di tempo, induce a ritenere che se i politici frequentassero maggiormente la grande letteratura e facessero tesoro del pensiero in essa contenuto, sarebbero meno insensati in molte loro decisioni, con grande giovamento per le relazioni tra i popoli e tra gli individui. Grazie dell’attenzione e auguri di lieta Pasqua a tutta la redazione.

Roberto Bianchi
Milano


Credo che ci siano almeno due frequentazioni essenziali per un buon politico, più una terza. Sono d’accordo con lei, caro amico, che buone letture, capaci di aprire la mente, nutrire lo spirito e di allargare lo sguardo, sono utilissime. Meditare a fondo e sviluppare misurandosi con dati di realtà la citazione di Andric che lei ha scelto, per esempio, avrebbe aiutato più d’uno tra i leader occidentali a evitare la fascinazione bellica dell’«esportazione della democrazia con missili e carri armati» che tanti danni ha prodotto, aggravando processi di aspra radicalizzazione in settori fondamentalisti del mondo islamico e dando ulteriori argomenti alla propaganda jihadista. Una seconda e persino più necessaria frequentazione è quella con la gente che si intende rappresentare e governare. La democrazia vive di questa sana e attenta prossimità oltre che di un senso delle istituzioni che impedisce di considerarle cosa propria, di idealizzarle eccessivamente o, al contrario, di svalutarle per principio. Uno dei mali del nostro tempo e un nuovo e ovviamente impopolare aumentare della distanza tra rappresentanti e rappresentati, tra governanti e governati. E il rimedio populista non sana la ferita, la infetta col sale di una totale diffidenza e sfiducia. La terza frequentazione è importante per le persone credenti, e io la considero davvero indispensabile per la loro azione. Il metodo del “far politica” è ovviamente e necessariamente laico. Ma noi siamo la nostra anima e tutti i grandi politici cattolici che ho conosciuto e studiato – da Alcide De Gasperi ad Aldo Moro, da Shahbaz Bhatti a Robert Kennedy, per stare a figure del nostro tempo – hanno attinto forza dalla loro fede, non esibita ma vissuta e nutrita con la pratica sacramentale, e dall’essere e dimostrarsi parte di una comunità cristiana consapevole e aperta alla testimonianza, cioè all’incontro con gli altri. Grazie per la sua riflessione, gentile e caro signor Bianchi. A lei e a tutti i nostri lettori l’augurio di una vera Pasqua di Resurrezione.


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