sabato 11 giugno 2011
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L'anno scorso erano ottantamila, oggi secondo gli organizzatori (che in queste ore fanno il conto dei pullman in arrivo e delle iscrizioni) dovrebbero essere almeno altrettanti. Pellegrini a piedi per una notte intera, dallo stadio di Macerata fino a Loreto, fino alla Santa Casa dove, secondo la tradizione, sono conservati i resti della dimora in cui duemila anni fa è risuonato il "sì" di una ragazza di sedici anni che ha cambiato la storia. Un cammino di 28 chilometri impastato di preghiere, silenzio, canti, testimonianze di persone che danno conto di cosa accade quando Dio irrompe nell’esistenza e la cambia dalle fondamenta.Il pellegrinaggio a piedi da Macerata a Loreto – promosso per la trentatreesima volta da Comunione e liberazione in unità con le diocesi delle Marche, e animato da persone aderenti a una miriade di gruppi, associazioni, movimenti – è il più numeroso tra quelli che si svolgono in Italia. Un gesto solitamente ignorato dai grandi media, per i quali evidentemente 80mila persone che camminano e pregano per una notte intera non sono una "notizia". Un gesto che ripropone con imponenza l’esistenza di un popolo di "cercatori", gente mossa dalla sete di risposte alle domande semplici e decisive che abitano il cuore di ogni uomo: per cosa vale la pena vivere, amare, soffrire. Sono le stesse domande che, con accenti vertiginosi, echeggiavano nel cuore di un uomo che in queste terre ha vissuto la sua breve e intensa esistenza. Nella sua piccola Recanati, il grande Giacomo Leopardi nel 1830 scriveva parole che esprimono la vibrazione di ogni uomo alla ricerca del significato di sé e delle cose: «E quando miro in cielo arder le stelle, dico tra me pensando: a che tante facelle? Che fa l’aria infinita, e quel profondo infinito seren? Che vuole dir questa solitudine immensa? Ed io che sono?».Riproporre queste domande, tenere desto il "desiderio" che secondo una recente indagine del Censis gli italiani vanno smarrendo, è un merito del pellegrinaggio Macerata-Loreto, come di altre analoghe iniziative promosse in questa Italia che fa i conti con l’incedere della secolarizzazione, ma non dimentica ciò che la costituisce nel profondo. E a queste domande, la Chiesa ha la presunzione buona di offrire la risposta. Come ha fatto domenica scorsa a Zagabria Benedetto XVI che rivolgendosi ai giovani ha detto: «Tutti sappiamo che nel cuore di ognuno dimora un forte desiderio di felicità (...). Ma molto spesso ci si accorge di aver riposto la fiducia in realtà che non appagano quel desiderio, anzi, rivelano tutta la loro precarietà. Ed è in questi momenti che si sperimenta il bisogno di qualcosa che vada oltre, che doni senso al vivere quotidiano (...). Gesù è vostro contemporaneo. È lui che cerca voi, prima  ancora che voi lo cerchiate».In un’epoca che deve misurarsi con la più grave delle crisi, quella del significato del vivere, c’è chi si muove perché intuisce che alla fine del cammino c’è una meta per raggiungere la quale vale la pena fare fatica. Intuisce che la nostalgia che muove la domanda è il segno più palese che c’è una risposta non ingannevole. Tutto questo è un segnale incoraggiante di rinascita dell’umano, premessa indispensabile di qualsiasi altra rinascita. Ed è un cammino a cui guardano con curiosità e interesse tanti "cercatori" smarriti. Come Lara, una ragazza che in una email inviata agli organizzatori del pellegrinaggio scrive: «Sono atea. Perché vengo? Per vedere con i miei occhi cos’è la fede. Voglio scoprire se c’è Dio guardando il volto di coloro che ci credono».
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