sabato 3 agosto 2013
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Oggi si parla spesso di omosessualità, di omogenitorialità. Esse vengono rivendicate come scelte personali che di fatto mettono da parte la sessualità biologica. Ma la scienza e gli scienziati non hanno niente da dire? Perché non parlano?». È una domanda che mi è stata rivolta e mi ha fatto riflettere. Forse gli scienziati non ne parlano perché il carattere biologico della eterosessualità è una ovvietà. Sorprende però non poco la sua negazione per un travisamento delle cose, frutto di ideologie, di una cultura disancorata dalla natura. La differenza sessuale è alla base della riproduzione nel mondo dei viventi ed è determinata geneticamente. La differenza riguarda non solo gli organi deputati alla riproduzione, ma alcune caratteristiche biologiche, che possono essere più o meno marcate in relazione all’attività endocrina; come pure essa può riguardare tendenze e comportamenti tipici dei due sessi. Nella specie umana si riconoscono aspetti biologici e comportamentali che si legano al sesso. Essi assumono un significato in forza di una complementarietà dei sessi che è un fatto innegabile in natura. Certamente sulla base biologica si innesta il comportamento culturale, dipendente da tanti fattori esterni (educazione, ambiente, ecc.). Essi possono interferire con la base biologica, anche nel processo della identificazione di sé, dell’essere uomo o dell’essere donna, ma non possono giungere a negarla o a minimizzarla; qualora ciò avvenisse non si aiuterebbe l’armonia della persona nella maturazione della sua sessualità. Nell’uomo possono esserci comportamenti che non vanno sempre nella direzione di uno sviluppo armonico della persona. Oggettivamente, sul piano biologico e sociale, non possono rappresentare una indicazione vantaggiosa, quasi da privilegiare, per la specie umana e il suo successo nel mondo della natura. Oggi con le biotecnologie c’è la tentazione di ridurre il fatto riproduttivo, che richiede la eterosessualità, a una tecnica di incontro fra i due gameti, maschile e femminile. Ma quale significato può avere ciò, al di là di un orgoglio tecnologico? Se poi si guarda al bambino, la ragione e l’esperienza storica insegnano che l’educazione richiede figure parentali definite, un padre e una madre, all’interno del nucleo familiare. È stato notato come «le scissioni tra ordine biologico e psicoantropologico e il diniego delle differenze stiano all’origine di molti e gravi problemi relazionali» (Cigoli e Scabini, <+corsivo>Vita e pensiero<+tondo>, n.3-2013). Ogni bambino ha diritto di conoscere e di avere un padre e una madre, di ricevere una educazione armonica, capace di aiutare la sua identità. Sul piano antropologico il nucleo familiare e la monogamia rappresentano condizioni affermatesi nella evoluzione e quindi vantaggiose per la specie. Il rispetto della natura e dei suoi equilibri (un principio comunemente affermato nell’ecologia) dovrebbe incominciare da se stessi, da quello che si è, non da ciò che si decide di essere, come affermato nella teoria dell’identità di genere. Oggi si assiste a una interferenza della cultura, o meglio, di ideologie spesso ispirate da qualche lobby che non rispettano la verità delle cose e finiscono per fare violenza alla natura, come avverrebbe con la omogenitorialità, quando il bambino venisse cresciuto da coppie omosessuali. La cultura non può sostituire la natura. Dovrebbe invece arricchirla e integrarla. La negazione della natura non va solo contro oggettive valutazioni antropologiche (a favore delle quali c’è tutta una letteratura in campo scientifico), ma rivela uno smarrimento di valori, che nel lungo termine si potrebbe ritorcere sull’uomo.
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