venerdì 8 settembre 2023
Re Carlo non è amato come la madre, anche se il consenso sta migliorando. Tuttavia continuano a circolare voci di una possibile abdicazione a favore del principe William. Un attendismo rischioso
L'anno passato senza Elisabetta ha reso la Corona più leggera
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Un anno senza Elisabetta, un anno di Carlo. Era l’8 settembre 2022 quando la sovrana più longeva della storia del Regno Unito, 96 primavere, si spegneva al castello scozzese di Balmoral. L’ascesa al trono del figlio, solennemente incoronato re otto mesi dopo, fu accolta con cauto ottimismo. La “riserva” dei sudditi verso il nuovo monarca, succeduto a una regina che per 70 anni ha portato la corona in giro per il mondo con carattere e devozione a tratti impareggiabili, pare non essere stata ancora sciolta. Né i tanti interrogativi sul futuro del regno.

Manca, Elisabetta. Molti si aspettavano una cerimonia nazionale per commemorala. Invece Buckingham Palace ha fatto sapere che, oggi, ci sarà solo una messa in suo suffragio. Si terrà alla cattedrale di St Davids, in Galles, alla presenza del principe William, l’attuale erede al trono, e della moglie Kate. Re Carlo e la regina consorte, Camilla, trascorreranno la giornata nel “privato silenzio” della fortezza nelle Highlands in cui la sovrana spirò. Non ci saranno neppure memoriali da inaugurare. Il governo ha promesso che la nazione ne avrà uno ufficiale, “qualcosa di più che semplice pietra e marmo”, entro il 2026, anno in cui ricorre il centenario della sua nascita. Intanto ha insediato una commissione, presieduta da Robin Janvrin, ex segretario personale di Sua Maestà, per progettare l’opera e decidere dove verrà installata (tra le ipotesi più accreditate c’è il quarto plinto di Trafalgar Square a londra). Al gruppo di esperti è stato chiesto anche di pianificare una serie di iniziative che tengano vivo nel tempo il suo esempio di “madre” della nazione. L’affezione verso la defunta regina è talmente radicata da aver portato molti, soprattutto il popolo dei tabloid, a contestare la decisione di tenere basso il profilo del primo anniversario della sua morte. La petizione lanciata per istituire il “Queen Elisabeth Day” ha raccolto più di 159mila firme.

Carlo non è amato come Elisabetta. Ma il consenso di cui gode nel Paese sta migliorando. Secondo un sondaggio di Yougov il 60% dei britannici ha un’opinione positiva sul suo contro, il 16% in più rispetto all’anno scorso, ma è solo quarto nella classifica dei reali più amati dopo, nell’ordine, il figlio William (74%), la sorella Anna (73%) e la nuora Kate, la moglie dell’erede al trono (72%). Eppure, ce la sta mettendo tutta. Durante i suoi viaggi, da nord a sud dell’isola, sempre accompagnato dalla moglie Camilla, è apparso persino più caloroso ed empatico della madre. Secondo Pauline Maclaran, docente della Royal Holloway University, la transizione “è stata molto più fluida di quanto alcuni avessero previsto”. Del re è apprezzato anche il misurato ruolo istituzionale. Ha ricevuto diversi leader internazionali, tra cui il titolare della Casa Bianca, Joe Biden, e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Ma sempre e solo nelle vesti di abile cerimoniere “al servizio” del governo e del Parlamento. « Astenendosi da qualsiasi ingerenza nella politica – ha osservato Robert Mollis, esperto dell’University College London – ha dimostrato di essere un monarca costituzionale altrettanto esemplare quanto sua madre». Per il momento, ha fatto un solo viaggio all’estero, in Germania. A fine mese andrà a Parigi per la visita di Stato che, a marzo, fu cancellata a causa delle rivolte contro la riforma delle pensioni che misero la Francia a ferro e fuoco. Quelle in Europa sono tappe “facili” per il sovrano. Ci si chiede, piuttosto, quando visiterà le nazioni del Commonwealth di cui è Capo di Stato. Tra le nazioni legate alla Corona dal passato coloniale ci sono infatti Paesi che, seguendo l’esempio di Barbados, anelano alla repubblica. Una dura prova per la tenuta di un’organizzazione di retaggio imperiale, a cui Elisabetta teneva molto, che oggi pare non avere un chiaro scopo.

Tra i punti deboli di Carlo c’è poi la promessa (non mantenuta) di riforma della monarchia. La rinuncia ad alcune proprietà immobiliari, lo svecchiamento del sistema che elargisce cariche onorifiche di tanfo medievale, l’epurazione definitiva del principe Andrea, il fratello coinvolto nello “scandalo Epstein”, sono per il momento solo vuoti proclami che alimentano il movimento antimonarchico. Il vento della repubblica spira forte, in particolare, a nord del Vallo di Andriano. Il primo ministro scozzese, Humza Yousaf, guida la fronda dei deputati del parlamento di Edimburgo che hanno rimandato al mittente l’invito ad appendere nelle scuole e negli edifici pubblici la foto incorniciata del nuovo re al posto di quella di Elisabetta.

C'è chi dice sia troppo presto per emettere un giudizio definitivo sul sovrano. La continuità associata al suo ruolo è percepita dai britannici più esigenti come immobilismo. Sarà pure sul trono da soli dodici mesi ma, è l’obiezione, ha avuto una vita intera per prepararsi a diventare re. Del resto, non ha tempo per fare la Storia. Ha 74 anni e se vuole smarcarsi dalla banale etichetta di “re di passaggio” tra passato e futuro deve muoversi in fretta. Il mese scorso è stata rilanciata dal Times l’indiscrezione secondo cui Carlo medita di abdicare, al massimo entro dieci anni, a favore del primogenito William che oggi ha 41 anni. Al Paese farebbe comodo un sovrano di mezza età, ancora energico e propositivo, affiancato dalla popolarissima moglie Kate, e dalla vispa prole: George, Charlotte e Louis. La fonte aggiunge: «Quando era giovane, Carlo sarebbe stato un re piuttosto riformista, ma ora capisce che il vero rinnovatore sarà William, che avrà la licenza di cambiare le cose più di lui». Ci si chiede, tuttavia, se il principe di Galles è davvero in grado di modernizzare la monarchia. La sua decisione di non andare in Australia, il 20 agosto, ad assistere alla finale dei mondiali di calcio femminili è stata fortemente criticata. Alla vigilia della partita, Inghilterra-Spagna, si è limitato a mandare un video di auguri alle “lioness” inglesi: «Mi dispiace non poter essere con voi», ha detto, senza nemmeno spiegare il motivo della sua assenza. Se in finale ci fosse stata l’Inghilterra maschile, si sono chiesti in molti, avrebbe preso la stessa decisione? Nella tribuna d’onore dell’Accor Stadium di Sidney c’era la regina Letizia di Spagna ma nessuno dei reali britannici. Sull’opportunità mancata di ravvivare l’immagine ingessata della Corona grava il sospetto che i Windsor non si sentano a proprio agio in Australia. La banca centrale del Paese, di cui Carlo è Capo di Stato, ha lasciato intendere che il governo potrebbe rifiutarsi di stampare sulle banconote da cinque dollari l’effige del nuovo sovrano per rimpiazzare quella di Elisabetta.

Buckingham Palace non può tuttavia permettersi altre scivolate. L’istituzione monarchica in sé è infatti meno popolare dei singoli membri. Soprattutto (e sempre di più) tra i giovani che sono, in generale, molto sfiduciati dai leader alla guida del Paese. Carlo contava di rinverdire la Corona rafforzando il suo impegno contro il riscaldamento globale. Ma negli ultimi tempi l’ambientalismo “pop” d’Oltremanica è diventato divisivo. Il re non può contare nemmeno sull’allure frizzante portato a Palazzo nel 2018 dal matrimonio tra Harry, il secondo dei suoi figli, e l’attrice afroamericana Meghan Markel. I duchi di Sussex, simbolicamente rappresentativi della società multirazziale britannica, hanno ancora ampio seguito tra le generazioni più giovani nonostante la rinuncia agli oneri e agli onori di corte. Vivono in California e non perdono occasione per sparare a zero sulla “ditta” reale. Continuano a essere una spina nel fianco del re che, obtorto collo, è costretto a tenergli la porta aperta nell’eventualità di una riconciliazione.

È l’attendismo che zavorra il regno. Secondo lo storico Ed Owens, autore del libro “Dopo Elisabetta: la monarchia può salvarsi?”, il Paese ha bisogno, “adesso”, di slanci e riforme. Di una chiara visione del futuro. Aspettare che William sia pronto a reggere il trono potrebbe essere un “disastro” perché “non vi è alcuna garanzia che, quando quel momento arriverà, la nazione sarà in condizioni migliori di quelle odierne”.

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