La tregua, sospiro di sollievo tra le macerie di una tragedia senza fine
martedì 21 gennaio 2025

No, non esibirò la “V” di vittoria, per me non è affatto una partita di calcio. Ma oggi, nel caos di una tragedia che sembrava senza fine, possiamo concederci un momento di sollievo. Una tregua: un’opportunità di tirare il fiato da una morte che si è manifestata in tutte le sue forme più crudeli. Bombardamenti incessanti, fame, freddo, la mancanza di medicinali, e persino la brutalità di essere bruciati vivi nei rifugi di fortuna. Oggi, i sopravvissuti: gli orfani, i mutilati, le donne senza casa, gli anziani spogliati della loro dignità possono dire, almeno per ora, di essere al sicuro. Ma al sicuro dove? Ritorneranno, ma a cosa? Le risposte a queste domande, per ora, non sono la priorità. L’urgenza è altrove: il rilascio degli ostaggi israeliani. Per noi, questa è l’occasione di riflettere su ciò che ci ha cambiato in questi mesi in cui abbiamo osservato questi tragici avvenimenti con un senso di incredulità e impotenza. Abbiamo compreso che non possiamo più accontentarci delle notizie veicolate dai media tradizionali. È un’ammissione amara, soprattutto scritta su un giornale. Ma la verità non può essere appresa da una sola prospettiva. La diversificazione delle fonti d’informazione e la verifica delle notizie sono diventate imprescindibili. Siamo chiamati a essere più critici, più attenti, a non accettare più narrazioni unilaterali. Quante volte ci siamo chiesti, con rabbia e frustrazione: com’è possibile? Non ci eravamo promessi: mai più? E ancora: cosa posso fare? Oggi, per un attimo, possiamo sospendere queste domande martellanti, ma senza dimenticare. I giovani, che per mesi hanno manifestato nelle piazze e affrontato scontri nei loro atenei, tornano alle loro lezioni, ma non abbasseranno la guardia, perché sanno che questa tregua è solo temporanea. Mentre si attende il ritorno degli ostaggi, le loro famiglie si confrontano con una verità dura da digerire: le condizioni accettate da Netanyahu avrebbero potuto essere accolte mesi fa. Questo porta con sé un misto di sollievo e amarezza, ma anche una stanchezza profonda verso un governo che, ancora una volta, ha tardato a fare il necessario, ha fatto i propri interessi. Questa tregua segna un momento di consapevolezza anche per il mondo che ci circonda. L’Unione europea, in questa vicenda, è rimasta spettatrice silenziosa, un’ombra priva di peso. Le vere potenze che contano sono altre, e questa constatazione lascia un vuoto difficile da ignorare. Anche l’Onu esce più debole che mai: una delle sue agenzie, l’Unrwa, che ha avuto un ruolo fondamentale nella vita dei profughi palestinesi fin dal 1949, è stata bandita da Israele. Il Commissario dell’Onu e altri suoi rappresentanti, compresa la nostra Francesca Albanese, sono stati dichiarati “persone non gradite” dallo Stato ebraico per le loro posizioni rispetto alla gestione di questo conflitto. Abbiamo la possibilità di metabolizzare ciò che è accaduto. Una pausa per riflettere sulle macerie, fisiche e morali, che questo conflitto ha lasciato dietro di sé. Il tempo stringe, la tregua è solo temporanea, e ciò che verrà dopo potrebbe riportarci al punto di partenza. Ma forse, in questo fragile momento di respiro, possiamo iniziare a guardare oltre. Che sia il preludio di una pace duratura o solo un’altra illusione, resta nelle mani di chi saprà — o vorrà — trasformare questa tregua in qualcosa di più.
Scrittrice italo-giordana, autrice de “La spia ha i capelli rossi”

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