giovedì 29 agosto 2019
La dottrina (che non è un corpus rigido) e lo sguardo della teologia morale su 'Amoris laetitia'
Parlare di magistero in contrapposizione con quello dei predecessori è un’operazione fuorviante e lontana dalla verità Il discernimento per una Chiesa nel mondo

Parlare di magistero in contrapposizione con quello dei predecessori è un’operazione fuorviante e lontana dalla verità Il discernimento per una Chiesa nel mondo

COMMENTA E CONDIVIDI

C’è un’operazione intra ed extra ecclesiale in atto, volta a contrapporre il magistero in tema di matrimonio e famiglia di papa Francesco a quello dei suoi predecessori. In questione è la traditio ecclesiae, che il Papa – con i due sinodi sul matrimonio e la famiglia e con l’esortazione apostolica post-sinodale Amoris laetitia – avrebbe addirittura smentito e distorto. Con la reazione uguale e contraria di riformisti entusiasti e plaudenti, spinti a valicare limiti dottrinali e pastorali, e di conservatori irritati e delusi, portati ad alzare muri a difesa dell’ortodossia. Così posta la questione è falsata e fuorviante. Non c’è alcuna sconfessione della tradizione nel magistero in atto. Perché la tradizione non è un corpus dottrinale rigido e inflessibile, avulso dall’oggi, dalle sue sfide e opportunità. Bensì attento al reale, alle questioni e alle domande che pone, ai bisogni di intercettare nuove istanze, di misurarsi con la complessità, di conciliare prospettive e ottiche diverse, di comporre elementi e motivi che concorrono ad attualizzare la verità della fede e della morale e impedire o ricomporre unilateralismi e scompensi.


Papa Francesco esorta ripetutamente i pastori a volgere lo sguardo alle persone, nella singolarità e non-omologabilità delle loro storie, del cammino di vita di ciascuna. La chiave ermeneutica del suo magistero etico-pastorale è da vedere nel richiamo, variamente ribadito ai pastori, ad «essere attenti al modo in cui le persone vivono e soffrono a motivo della loro condizione». Francesco lo fa in Amoris laetitia in riferimento a coppie e famiglie segnate da incompiutezze, fragilità e imperfezioni, divorziati risposati in primis, sul cui terreno s’è innescata la contesa. Ma esso vale in ogni settore e ambito della morale. Di qui l’esortazione del Papa a valutare scelte e comportamenti tenendo conto delle circostanze in cui le persone vengono a trovarsi. La teologia morale insegna che i criteri valutativi (le fonti di moralità) di un atto sono il finis operis, vale a dire la bontà o malizia oggettiva espressa dalla legge; le circumstantiae, ossia le situazioni e condizioni di vita delle persone; e il finis operantis, ov- vero l’intenzione del soggetto agente.

Un legalismo e oggettivismo etico egemone sbilanciava sul finis operis e quindi sulla stima oggettiva della legge il metro di valutazione della morale. Bastava la disapprovazione della legge – valevole indistintamente per tutti: non importa chi – a delegittimare e riprovare un comportamento. Papa Francesco, senza nulla togliere al valore e al ruolo della legge, quel metro lo ha ri-equilibrato sulla persona, richiamando il contributo e il peso delle circostanze e delle intenzioni in cui e con cui il soggetto ha agito o agisce. Di qui il ripetuto appello al discernimento, volto a riconoscerle e ponderarle; e al foro interno: il 'luogo' proprio del discernimento, dove la coscienza del soggetto incontra quella del pastore, in ordine al giudizio morale delle scelte compiute o da compiere. Il che porta alla legittimazione soggettiva di scelte non ancora conformi alla legge, in un cammino progressivo di avvicinamento alla piena conformità. Non senza l’aiuto della grazia anche sacramentale, stante il significato e il valore medicinale (curante e sanante) della grazia, piuttosto trascurato, ma che il Papa rievoca e mette in evidenza.

Tutto questo – il contributo morale di circostanze e intenzioni, il discernimento delle situazioni e condizioni di vita delle persone, il valore e il peso giudiziale del foro interno e, con essi, il ruolo normativo della coscienza, l’efficacia medicinale della grazia – non è alieno alla traditio ecclesiae, ma le appartiene essenzialmente. Queste componenti del pensare e vivere morale – come tutte le realtà che sono nella storia – possono andare e sono andate incontro a perdite e dimenticanze, sbilanciamenti e offuscamenti. Francesco le ha richiamate, ribilanciate, rimesse in luce e in atto, in quel riassetto assiale della morale – avviato dal Concilio Vaticano II – dal primato della legge al primato effettivo (non meramente teorico) della persona e con essa della grazia. In linea di continuità con la sollecitazione paolina: «Noi non siamo sotto la legge, ma sotto la grazia» (Rm 6,15). Lungo quella iconografia teologica della Chiesa che la vede a un tempo come 'Maestra di verità' e 'Madre di misericordia'. Insomma, il paradigma etico di Amoris laetitia è dentro la tradizione e la prassi dot- trinale della Chiesa. Così come a questa tradizione e prassi appartiene l’attenzione alle 'questioni' morali che si producono nella storia e che la Chiesa non può eludere. Pensiamo alle grandi questioni sociali – dalla questione operaia, alla questione del sottosviluppo, alla questione ecologica – di cui s’è fatta carico la dottrina sociale della Chiesa. Un problema morale diventa 'questione' quando il suo raggio di problematicità umana si amplia ed espande, investendo un numero massivo e crescente di persone. Esso assume una portata sociale e culturale, diventa una sfida dei tempi, che provoca in radice il pensare morale e l’operare pastorale. Tale è diventato in questi ultimi decenni il problema dei divorziati risposati, insieme a quello di battezzati che hanno contratto matrimonio solo civile o che semplicemente convivono.

La Chiesa non può restare indifferente, trattarli come casi ordinari e meramente individua-li, da giudicare secondo la legge, con le sue proibizioni e riprovazioni, e abbandonare così al proprio dramma e lasciare ai margini una moltitudine di suoi figli. Questo è stare fuori del mondo, non percepirne i rivolgimenti e la loro criticità; è rinnegare il principio d’incarnazione, non lasciarsi provocare dalla storia, in cui Cristo è entrato e ha posto la sua Chiesa. Papa Francesco ha avuto la percezione netta del problema delle irregolarità coniugali e familiari come grande questione morale e pastorale e l’ha affrontata come tale. I due sinodi sulla famiglia, l’Esortazione apostolica post-sinodale Amoris laetitia e i due Motu proprio sulla riforma del processo canonico per le cause di dichiarazione di nullità del matrimonio ne sono la risposta, in linea di continuità e attuazione nell’oggi della traditio ecclesiae

Teologo moralista, Pontificia Università Lateranense
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: