Impegno corale per il Mezzogiorno
venerdì 10 febbraio 2017

L’emergenza del lavoro, ancor più acuta come sappiamo per alcune fasce d’età e per alcune zone d’Italia, ha indotto i vescovi delle regioni del Mezzogiorno a convocare per due giorni a Napoli i rappresentanti delle comunità ecclesiali, dell’associazionismo sociale e produttivo, i sindacati e i maggiori responsabili delle istituzioni (governatori regionali e ministro del Mezzogiorno). Con il proposito di non piangere sulle statistiche, ma di far partire un percorso di intelligenza collettiva in cui mettere assieme esperienze, punti di vista e le migliori pratiche che sul campo hanno trovato soluzioni importanti alla sfida temibile che abbiamo di fronte. Il nostro Paese vive infatti uno dei periodi più difficili della sua storia dove problemi oggettivi rischiano di travolgere qualunque classe dirigente (seppur di buona volontà e qualificata) all’insegna di uno scontento montante.

Nei due giorni - come accade ormai costantemente - si sono contrapposti gli stati d’animo dei pionieri delle migliori pratiche ("l’Italia che ce la fa") e di chi invece è travolto dai problemi del momento ("l’Italia che non ce la fa"). L’obiettivo che ci siamo proposti e che ci dobbiamo proporre anche in futuro è quello di cogliere i segreti dei primi per rendere le migliori pratiche contagiose ed esportabili, non dimenticando allo stesso tempo di costruire proposte politiche perché il gruppo dei secondi sia sempre meno numeroso.


Una nota comune di speranza emersa da molte voci è quella che il Mezzogiorno ha una risorsa di valore inestimabile. In un mondo nel quale la domanda di beni e servizi si fa sempre più sofisticata e cerca esperienze e simboli in grado di dare senso e ricchezza al vivere, una terra ricchissima di beni ambientali, artistici, culturali e spirituali ha un potenziale enorme ancora non pienamente sfruttato. Si è detto spesso che «la bellezza salverà il mondo», ma non che potrebbe salvare soprattutto il Mezzogiorno d’Italia. Eppure non è un caso che molte delle storie di successo raccontate a Napoli dai protagonisti abbiano il comun denominatore di aver saputo valorizzare questo inestimabile genius loci dei loro territori combinando beni e servizi con arte, storia, cultura, paesaggio ed enogastronomia.


Molto si sta già facendo da questo punto di vista ma ancora di più è possibile fare. Il contesto conta ed è per questo le infrastrutture fisiche e virtuali del Sud devono migliorare. Se gli aeroporti hanno messo in moto lo sviluppo di alcune aree, l’infrastruttura ferroviaria, soprattutto in Sicilia, resta una nota dolente. E l’infrastruttura virtuale deve rapidamente adeguarsi ai migliori standard europei se il nostro Meridione vuole essere attrattivo per il turismo e per l’insediamento di imprese.

Da quest’ultimo punto di vista un ostacolo chiave è rappresentato proprio dall’autoreferenzialità, dal formalismo e dalla fuga dalle responsabilità della burocrazia. Siamo diventati giudici feroci della classe politica, ma non ci accorgiamo che un 'giustizialismo' esasperato sta paralizzando la vita amministrativa rendendo molto più comodo e meno rischioso per il funzionario medio evitare di mettere firme su qualunque atto. A questi elementi d’impaccio si aggiunge come è noto il convitato di pietra della criminalità organizzata. La storia di alcune migliori pratiche di successo insegna che la via d’uscita migliore dalla sua morsa nei territori più difficili è la costruzione di porzioni ampie e solide di economia sana che diventano molto più attraenti di quella criminale per il territorio e vincono la sfida se sostenute e messe in rete con le parti più importanti della società civile, economica e politica del Paese. Nel delicato momento in cui viviamo, la prima e più delicata operazione resta però quella culturale e di trasparenza. Bisogna far capire ai nostri concittadini che non ci sono scorciatoie e vie d’uscita facili come dimostrano le difficoltà di 'sfidanti' che, una volta al potere e alla dura prova dei fatti, perdono tutta loro irruenza e anche il loro fascino.

È solo una faticosa combinazione di sforzi in diverse direzioni che può aiutarci a uscire dal tunnel. Tra di esse la fine dell’austerità (contro cui si è schierato persino il Fondo monetario internazionale) e la condivisione delle risorse in Europa. Nonché la premialità fiscale sulle partite più urgenti, come assunzione di giovani qualificati, aree economiche speciali in alcune parti del Mezzogiorno, incentivi per le filiere produttive ad alta dignità del lavoro e sostenibilità ambientale, strumenti informativi che aiutino i cittadini a conoscere la qualità delle imprese in termini di dignità del lavoro e ambiente. Per tutti questi motivi la conclusione, che diventa nuovo punto di partenza e metodo operativo, torna a essere quel lavoro di coesione e di intelligenza collettiva che consiste nel 'mettere in movimento' il Paese nella raccolta delle migliori pratiche, delle politiche e dei casi di successo. Fedeli a questo principio le comunità dei vari territori affronteranno l’ultimo tratto del cammino verso la Settimana Sociale di Cagliari attraverso il progetto 'Cercatori di lavOro' per condividere risultati ed esperienze ed elaborare in modo ancora più preciso ventagli di soluzioni. L’Italia è debolmente ripartita, ma la sfida del lavoro non è stata ancora vinta. Saranno i fatti a dirci se lo sforzo collettivo a cui, anche da cristiani, siamo chiamati avrà avuto successo nel garantire la tenuta del Paese e nell’offrire dignità e lavoro ai nostri concittadini in misura superiore a quello che riusciamo a fare ora.

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