mercoledì 13 marzo 2013
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La fumata bianca. L’attesa della fumata bianca. È qualcosa che riguarda innanzi tutto un mi­liardo e più di cattolici, ma anche tutti gli altri uo­mini del pianeta. Perché il nuovo papa parlerà a tutti, si rivolgerà a tutti, anche ai non credenti, e in un momento di crisi profonda come questo che stiamo attraversando le sue parole assumeranno una rilevanza sia per le singole anime, sia per i difficili equilibri del mondo. L’attesa ha qualcosa sempre di felice, ma è anche trepidazione e ansia. Personalmente, ho visto nella rinuncia di Bene­detto XVI qualcosa di nobile, grande e misterio­so. Un gesto carico di significati alti e universali, quelli a cui la vita pubblica soprattutto in Italia mi ha totalmente disabituato. La sua uscita dal Vati­cano, il suo congedo, il suo volo in elicottero ver­so la quiete verde e lacustre di Castel Gandolfo mi hanno lasciato un sentimento di reverenza e di ammirazione. Ma anche di vuoto, di smarrimen­to. Come se la rinuncia di Benedetto XVI rimar­casse quella crisi della fede, soprattutto in una Eu­ropa sempre più scristianizzata, che lui stesso, con parole molto chiare, ha più volte denunciato.Il nuovo papa, che i cardinali in conclave stanno ac­cingendosi solennemente ad eleggere, non potrà certamente esimersi dal riflettere sul gesto del suo predecessore. Ratzinger non ha più alcun potere, il nuovo papa lo avrà tutto, con l’immensa re­sponsabilità di guidare la Chiesa nel Terzo Mil­lennio.M a forse quello che ci si aspetta, che almeno io mi aspetto, è che la rinuncia di Benedetto XVI indichi al nuovo papa la strada verso una minore considerazione del potere stesso, verso un uso più trasparente, una gestione più limpida dei mezzi economici, che allontani tutte le insinuazioni di intrighi e di complotti. Mentre attendo la fumata bianca salire da San Pietro, quella nuvola di speranza, salutata dalla gioia di tutte le campane dell’Urbe, io penso a un papa che sia chiaro nel denunciare le ingiustizie planetarie prodotte dal liberismo selvaggio, con pochi che si arricchiscono fuori misura e masse umane che si impoveriscono sempre di più. Che ritorni a parlare ai cuori semplici, che oggi passano le domeniche in giro per i centri commerciali, della bellezza della fede, della preghiera condivisa. Un papa che difenda i cristiani dove sono perseguitati, ma che non abbia paura dell’islam e di nessuna altra religione, pronto a dialogare con esse, a promuovere comprensione e fraternità. Un papa infine ancora più attento alla salute del pianeta Terra, che l’avidità dell’uomo sta minacciando, in terraferma e nel mare. Ho letto con molta attenzione i profili dei cardinali considerati papabili. Sarebbe da parte mia presuntuoso avere dei preferiti. Quello che conta oggi è che la più antica istituzione della storia, attraverso il rito del conclave, porti al balcone di San Pietro un uomo che parli al cuore degli uomini. Sarà italiano, europeo, o americano, o apparterrà ad altri continenti ancora, perché si compia in modi ancora più imprevedibili il disegno universale che il Cattolicesimo ha in sé? Da dovunque venga, io penso al nuovo papa come a qualcuno che uscirà dalla Cappella Sistina senza una patria terrena, con un nuovo nome, una nuova casa, un nuovo sguardo sul mondo intero, che ha bisogno di nuove, forti parole di speranza. ​
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