sabato 14 maggio 2016
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I n soli due giorni ha raccolto tremila firme ed è facile prevedere che si moltiplicheranno rapidamente. La petizione 'eversiva' di una giovane mamma di Pavullo, Alberta Alessi, sta girando vorticosamente per le scuole dell’Emilia Romagna ed inizia a far notizia: il documento, infatti, mette pesantemente in discussione il mito delle vacanze estive nella scuola e chiede che – almeno quelle elementari – siano aperte nel mese di giugno. Lo dichiaro subito: è un documento che sottoscrivo (idealmente) con entusiasmo, perché lancia una 'battaglia' culturale e operativa che condivido totalmente. Il blocco lungo tre mesi delle vacanze estive di studenti e docenti è il sogno della nostra adolescenza, al quale sono legati spesso i ricordi più belli di favolose e infinite vacanze. Ma è anche uno degli ultimi retaggi di un’altra era geologica, coerente con l’organizzazione del mondo del lavoro, della famiglia e della società della metà del secolo scorso. Un’organizzazione che, evidentemente, non esiste più. «Il mondo è cambiato e le famiglie hanno necessità di avere una scuola aperta in estate, almeno a giugno», scrive la battagliera mamma, «magari per sperimentare una didattica all’aria aperta, per far conoscere il mondo ai bambini senza test e valutazioni». In effetti, basta guardare all’esperienza dei principali Paesi europei per scoprire l’anomalia italiana: in Francia la scuola chiude per 9 settimane durante i mesi estivi, mentre in Germania e Gran Bretagna le settimane di vacanza sono ancora di meno, soltanto 6. Nel nostro Paese, invece, il lunghissimo 'black out' estivo del sistema scolastico determina conseguenze pesanti e trasversali: dalle notevoli difficoltà (quando entrambi i genitori lavorano) nella gestione della vita familiare al rilevante aggravio di costi, senza dimenticare la minor 'efficienza' di un modello formativo soggetto ad uno stopand- go che ha perso totalmente la sua ratio. Naturalmente, mettere in pratica la proposta della mamma di Pavullo non è facile, soprattutto perché implicherebbe il riconoscimento agli insegnanti dell’extra-lavoro da compiere. Quindi buste paga più pesanti e immediata crescita dei costi a carico dello Stato. Ma la miriade di iniziative in corso su tutto il territorio nazionale per aumentare i giorni di insegnamento nella stagione estiva, a livello sperimentale e con metodo volontario, dimostrano che il problema esiste e va risolto a livello istituzionale. Riallineando la scuola alla 'vita vera'. @FFDelzio © RIPRODUZIONE RISERVATA opzione zero
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