martedì 26 novembre 2019
L’uso improprio dei farmaci rafforza i batteri. Dal 2050 possibili 10 milioni di morti. L’Italia tra i Paesi con più vittime
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«Il futuro è adesso»: uno slogan ricorrente in questi anni per sottolineare come ciò che noi facciamo ora è destinato a incidere profondamente sul futuro del mondo. L’emergenza globale del cambiamento climatico ne è l’esempio più eclatante. Le nostre scelte irresponsabili di oggi in ambito ecologico rischiano di mettere in crisi la salute del pianeta. Non solo: anche la salute dell’uomo è destinata a peggiorare se non modifichiamo rapidamente alcuni comportamenti sanitari. Un forte richiamo in questo senso viene dall’appena conclusa settimana mondiale per l’uso consapevole degli antibiotici – dal 18 al 24 novembre – che ha posto l’accento su un’altra grave emergenza che minaccia l’umanità, forse ancora più grave di quella climatica: la "resistenza batterica" (antibioticoresistenza), termine con il quale si indica il fatto che molti germi patogeni responsabili di infezioni nell’uomo non sono più sensibili ai farmaci antimicrobici oggi disponibili, diventando in tal modo invincibili "superbatteri", letali per i malati come accadeva prima della scoperta degli antibiotici.

L'impiego terapeutico sempre più diffuso degli antibiotici a partire dal secondo dopoguerra ha determinato un’autentica rivoluzione sanitaria e una svolta nella storia dell’umanità. Le infezioni, che per secoli erano state la principale causa di malattia e di morte, hanno iniziato a ridursi drasticamente nel giro di pochi anni, lasciando credere che il problema della malattie infettive, nei Paesi occidentali, fosse in via di risoluzione. Solo un’illusione, perché in questi ultimi decenni lo scenario sanitario è rapidamente cambiato, riportandoci a un panorama epidemiologico a cui non eravamo più abituati, con la ricomparsa di infezioni sostenute da germi che non vengono più eliminati dalla terapia. Per due motivi: uno biologico, l’altro sanitario.

Sul piano evolutivo i batteri patogeni (cioè i microrganismi che causano le infezioni) col tempo hanno imparato a 'difendersi' dagli antibiotici che li uccidevano, sviluppando ceppi mutanti in grado di resistere a questi "assalti farmacologici". Si è diffusa così l’antibioticoresistenza, cioè il fatto che i batteri diventano resistenti ai farmaci impiegati per combatterli. Si tratta di un fenomeno naturale, nei confronti del quale lo stesso scopritore della penicillina, Alexander Fleming, aveva messo in guardia nel discorso tenuto in occasione dell’assegnazione nel 1945 del premio Nobel per la medicina. Un fenomeno favorito e accentuato negli ultimi anni da scelte sanitarie poco virtuose: l’uso improprio degli antibiotici (cioè il loro impiego superfluo o inadeguato) in ambito medico e veterinario ha contribuito ad accelerare e aggravare il fenomeno della resistenza batterica ai farmaci.

Per la salute le ricadute sono pesanti. Si rischia di tornare a scenari simili a quelli dell’era pre-antibiotica. Ogni anno nel mondo 700mila persone muoiono per infezioni resistenti agli antibiotici. Un numero destinato a crescere drammaticamente. Secondo le proiezioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), se non si prendono ora adeguati provvedimenti, gli scenari ipotizzati sono sconvolgenti: 10 milioni di morti all’anno per infezioni resistenti ai farmaci nel 2050, più del cancro. In questo panorama l’Italia non è messa bene, perché un terzo dei 33mila decessi che avvengono nell’Unione Europea per questa ragione si registrano nel nostro Paese. Solo Grecia e Spagna stanno peggio. Un panorama scoraggiante, che possiamo modificare imparando a utilizzare razionalmente le strategie più efficaci per tenere testa alle infezioni. «Il futuro degli antibiotici dipende da ognuno di noi» è il messaggio lanciato quest’anno dall’Oms con l’obiettivo di sollecitare la sensibilità individuale nell’adozione di buone pratiche sanitarie tra il personale sanitario (uso mirato), le popolazioni (seguire le indicazioni mediche) e i politici (predisporre adeguati piani di intervento) per contrastare il fenomeno della resistenza batterica agli antibiotici. uso consapevole e responsabile di questi farmaci da parte dei medici è il primo baluardo per contenere e ridurre il fenomeno. Un’iniziale inversione di tendenza s’inizia a vedere anche da noi. I dati disponibili sull’uso degli antibiotici in Italia nel 2018 segnalano un leggero calo delle resistenze per otto 'sorvegliati speciali', i batteri responsabili delle più comuni e gravi infezioni ospedaliere. Significa che i medici stanno imparando a non abusare di questi farmaci, utilizzandoli in modo sempre più contenuto e mirato. L’antibioticoresistenza non è però solo un problema ospedaliero. Esiste anche sul territorio. Complice l’automedicazione e la presenza in casa di confezioni residue, troppe persone assumono antibiotici di loro iniziativa, senza consultare il medico per sapere se sono indicati. Curare 'fai da te' l’influenza (una malattia virale e non batterica) con gli antibiotici non solo è inutile, ma anche controproducente.

Accanto alla terapia farmacologica che, nonostante la citata farmacoresistenza, se usata razionalmente, consente oggi di guarire la maggior parte dei pazienti infetti, il meccanismo più efficace è mettere l’organismo in condizione di difendersi autonomamente. Lo si può fare attraverso la vaccinazione, che è in grado di prevenire la malattia. Oggi abbiamo vaccini attivi contro molte infezioni, altri sono in fase di avanzato sviluppo. Non usare questa pratica sanitaria significa sprecare un’opportunità di tutela individuale e collettiva della salute. Uso consapevole degli antibiotici disponibili da parte degli operatori sanitari e prevenzione attraverso le vaccinazioni, ove indicate, delle malattie infettive rappresentano due valide misure utilizzabili già ora. Occorre tuttavia pensare anche a strategie a medio e lungo termine. Accendere l’interesse dell’industria per lo sviluppo di nuovi antibiotici, crollato negli ultimi decenni perché non più economicamente conveniente per chi li produce, e utilizzare metodiche biotecnologiche per evidenziare i punti deboli dei "superbatteri" può darci nuove armi per combatterli. La resistenza batterica è però un problema complesso, che esige una medicina 'creativa'. Sarà necessario in prospettiva cambiare radicalmente strategia per combattere le infezioni, cercando alternative ai farmaci e spostandosi sul piano biologico.

La lotta contro i germi patogeni resistenti potrebbe essere realizzata scatenando a nostro vantaggio una guerra tra specie (l’uso dei fagi, virus "addomesticati" in grado di uccidere i batteri, rappresenta una valida via) o provocando una competizione tra rivali, in cui "vince" il più agile e il più abile. Per questo occorre favorire i "germi buoni" che stazionano nell’organismo umano (il nostro microbioma) per fare in modo che essi contendano con successo il territorio ai "germi cattivi" portatori di malattia. Una 'astuzia evoluzionistica' già impiegata con ottimi risultati in alcuni centri pilota e che potrebbe rappresentare la vera arma vincente del futuro, consentendo il riequilibrio di un ecosistema (come realmente è quello del corpo dell’uomo, costituito sì da cellule, tessuti e organi, ma anche da miliardi di batteri che in esso vivono e svolgono funzioni essenziali per la vita umana) alterato dalle infezioni e dai farmaci usati per uccidere i microrganismi che ne sono la causa.

Nella prospettiva di one health, cioè di una 'salute unica', che nasce da una concezione di ecologia globale e integrata per la salute: del pianeta e dell’umanità. Una prospettiva fondamentale e indifferibile oggi, come sottolinea nella sua enciclica 'Laudato si’' Papa Francesco quando afferma che «la cura degli ecosistemi richiede uno sguardo che va al di là dell’immediato», perché per il loro buon funzionamento è necessaria anche «l’innumerevole varietà di microrganismi » che vi abitano. È singolare che un’affermazione così importante per la nostra salute provenga più da un’autorevole istituzione religiosa che dagli enti sanitari, ma è fondamentale che i valori per la difesa della vita diventino lo strumento per concepire e realizzare la salute in una prospettiva davvero globale.

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