mercoledì 6 novembre 2013
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Gentile direttore,
torno su una vicenda che è stata consegnata a un giusto silenzio, per una riflessione che vorrebbe essere non smemorata. Non amo molto la televisione, preferisco piuttosto leggere o ascoltare, ma mi capita a volte di posare l’occhio sul telegiornale; ho visto così, accidentalmente, un servizio su un tentativo di funerale... Ho visto, e non riesco a togliermeli dagli occhi e dalla mente, i volti di una massa di giovani e meno giovani che inveivano contro un carro funebre, arrivando anche a prenderlo a calci e pugni. Erano volti stravolti dall’odio. Io non ho potuto fare a meno di chiedermi che razza di odio potesse essere per lasciare dei segni così orribili su quei volti: ho riflettuto su quel sentimento per alcuni giorni prima di decidermi a scrivere. Si può, al limite, arrivare a capire e forse anche a perdonare (solo Dio lo sa fare) chi viene stravolto dall’odio per vendetta, per amore tradito, per interessi… Ma quei giovani e meno giovani dove avevano attinto un odio così feroce da indurli a oltraggiare anche la morte? Nel 1944 loro non c’erano, e forse anche i loro genitori non c’erano o erano piccolissimi… In quegli anni c’erano altri giovani e meno giovani che purtroppo erano stati programmati, oserei dire geneticamente modificati, per odiare e distruggere l’oggetto del loro odio, qualunque esso fosse, anche che se non lo avevano mai visto, anche se era assolutamente innocente. Anche in quei momenti gestiti dal principe del male si poteva individuare un odio artificiale, programmato da terzi, che poteva indurre a mettere in atto una decimazione di massa o a mettere un carretto pieno di esplosivo dove passavano camionette di soldati. Allora, io mi chiedo: ma oggi chi li ha modificati quei giovani che ho visto in tv? Non certo un dittatore pazzo né qualche sedicente politico liberazionista (mi si passi il neologismo). Invece di "programmare" all’odio non si potrebbe "programmare" alla misericordia?
Giovanna Ferrante, Pisa
Alla sua ultima domanda, gentile signora Ferrante, rispondo che nessun essere umano deve essere "programmato", ma tutti possiamo essere "educati". La misericordia, per di più, si può solo vivere e sperimentare, non certo instillare. E così il rispetto per i vivi e i morti. All’altro, ritornante e doloroso, suo interrogativo, quello sulla radice dell’odio, mi sento solo di replicare che il nazismo ha prodotto un male vertiginoso e assoluto e, dunque, molto ne ha inesorabilmente provocato per reazione. Infatti, tutte le volte che un grande male si manifesta con ferocia letale nella vita delle persone e dei popoli, esso in quella stessa vita si insedia e la corrompe. Per questo il male va riconosciuto, ricordato e sanato; per questo bisogna aiutare i giovani e i meno giovani a percorrere le vie della riconciliazione. Ma, per riuscirci, non ci si può mai ridurre a pensare che le cose, alla fine, più o meno si equivalgono, che torti e ragioni si bilanciano sempre, che insomma tutto è relativo. No, non si può. La storia è segnata da vicende terribili – e la seconda guerra mondiale è stata davvero terribile, terribile all’ennesima potenza –. Queste vicende sconvolgono anche perché in esse tanti sbagliano, anche gravemente, persino tutti. Eppure, gentile signora, questo non cancella l’esistenza di una parte giusta e di una parte sbagliata. Voglio dire che, durante e dopo la guerra, non tutti quelli che stavano dalla parte giusta hanno fatto cose giuste, ma nessuno dovrebbe mai dubitare del fatto che il nazismo era, e resta, la parte sbagliata. Ogni morto, ogni inoculata stilla di veleno, ogni sofferenza di quell’immane conflitto contro l’umanità pesa sui capi del Terzo Reich, l’impero «che doveva durare mille anni», che ha sterminato gli inermi, che ha sparso semi d’odio per il mondo. E che, grazie a Dio, è stato sconfitto.
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