Per togliere le incrostazioni
sabato 23 gennaio 2021

Il buon uso delle parole e l’ascolto della Parola. Non è solo un gioco di maiuscole e minuscole ma di legami, di coraggio, di luci accese e di vite disposte a essere illuminate, di braccia aperte e di spalle che si lasciano abbracciare, di ferite e di lacrime, di sorrisi e di fiducia. Nell’intreccio dei calendari, il Papa ha pubblicato il Messaggio per la Giornata delle comunicazioni sociali, alla vigilia della domenica odierna, la terza del tempo ordinario, che mette al centro la Parola. E la concomitanza sottolinea la continuità dell’impegno, pur realizzato in modi differenti, di mettersi al servizio della verità e di raccontare l’esistenza reale, quella che scopri incontrando le persone «dove e come sono». Senza abbellimenti, andando alla radice della loro fatica quotidiana, lasciando che a parlare siano le braccia che lavorano, gli occhi che piangono e sorridono, il cuore che sa vedere la speranza.

Un servizio non facile, che nel mestiere di informare come nell’ascolto della Parola, richiede studio, allenamento, fedeltà. Che ti obbliga a uscire dalle tue certezze per consumare la suola delle scarpe sulle strade polverose della cronaca, che ti toglie la presunzione del "lo sapevo", per fare le domande giuste alla realtà, e poi accettare che le sue risposte siano diverse da quelle che vorresti. Anche il Vangelo del resto è una storia di incontri, spesso scomodi, di gerarchie rovesciate, di umanità ai margini, ma che nella logica dell’amore di Dio diventano protagoniste. È un po’ quello che fanno i professionisti, giornalisti e blogger, fotografi e cameramen, impegnati a raccontare sul campo ingiustizie e soprusi altrimenti nascosti e trascurati. Loro come i discepoli vanno a vedere, accettando spesso di dover raccontare una storia lontana da quella che immaginavano, magari di testimoniare le responsabilità del Paese cui appartengono nei confronti di una società che prima era estranea. Perché incontrare l’altro ti cambia, regala un senso diverso al tuo stare al mondo, ti insegna il giusto dosaggio dei verbi e degli aggettivi, ti educa, se necessario, al silenzio.

La scuola della notizia come la lezione della Buona Novella, e di nuovo torna il gioco della minuscole e delle maiuscole, unite però dallo stesso impegno di mettere sempre al centro l’uomo e le donna, l’umanità, povera o ricca che sia. Una sfida, complicata e affascinante, che si può giocare a tanti livelli, l’ultimo, il "più nuovo" se si può dire così, è l’universo dei social, una presenza capace di dare voce in tempo reale a luoghi spesso difficilissimi da raggiungere, a volte persino impensati. Eppure proprio l’apparente assenza di frontiere può diventare il limite, il confine di questa narrazione, la cui potenziale, straordinaria libertà non di rado viene messa in catene dai pregiudizi e dalla tirannia delle emozioni. L’antidoto si chiama verifica, che poi è un altro modo di definire il dovere di andare e vedere.

Un bisogno, una necessità tanto più attuali oggi, con il Covid che allarga la forbice tra i ricchi, spesso ricchissimi, e i poveri, che nella distribuzione dei vaccini rischia di soffocare il diritto alla salute per tutti, penalizzando ancora una volta chi non possiede niente. Ma quest’oggi, frastagliato e ferito però, e come potrebbe?, non toglie spazio alla speranza, alla voglia di verbi al futuro, di nuove ripartenze, di rinascite. Non si tratta di cedere al facile ottimismo, di chiudere gli occhi davanti al triste rosario dei morti che si moltiplicano, ma di scavare dentro l’attualità alla ricerca dei gesti, e sono tanti, di solidarietà concreta, di vicinanza, di condivisione.

Andare a vedere vuol dire anche questo: è testimoniare il servizio di chi si impegna a togliere le incrostazioni dal volto bello del mondo, di chi crede nella fraternità, di chi mattone dopo mattone tira giù i muri con l’umiltà, spesso alleggerita da un sorriso.
Da più di duemila anni, osserva il Papa, è una catena di incontri a comunicare il fascino dell’avventura cristiana. È nell’a tu per tu con l’altro che scopriamo la bellezza della verità, e se scritta in grande o in piccolo in fondo importa poco. Perché le parole del vocabolario del cuore, quelle che lo toccano nel profondo, sono sempre e solo, tutte, maiuscole.

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