Papa Benedetto XVI
il 19 aprile del 2005, 20 anni fa, dopo un breve conclave, veniva eletto papa il cardinale tedesco Joseph Ratzinger che prese il nome di Benedetto XVI. Dopo 8 anni di pontificato, l’umile servitore nella vigna del Signore, come si autodefinì nel giorno stesso dell’elezione, diede le dimissioni e si ritirò nel monastero Mater Ecclesiae. Qui condusse per circa 10 anni una vita di tipo monastico, ispirata alla regola di san Benedetto. Con il trascorrere degli anni l’eredità che ha lasciato con le sue opere e la sua vita diventa ancora più preziosa.
Introduzione al Cristianesimo è stata per la mia generazione un’opera fondamentale che ancora conserva un’attualità sorprendente. Solo un accenno all’inizio folgorante. Vi si narra di un missionario gesuita la cui nave, al ritorno dall’America, viene affondata dai pirati. L’unico superstite è il sacerdote che, aggrappato a una tavola alla deriva, assomiglia a Cristo in croce. Tutto lascia prevedere che presto egli verrà inghiottito dai flutti. Ha, tuttavia, ancora il tempo per offrire la sua vita per il fratello che, lontano da Dio, insegue le ricchezze nel nuovo mondo. Concludeva Ratzinger: questo è il senso della vita cristiana. Anche nelle situazioni più difficili il sacerdote come il cristiano ha sempre la possibilità di offrirsi a Dio, di intercedere a favore dei fratelli. Altro lascito importante di Ratzinger è la partecipazione al Vaticano II, l’impegno per la corretta interpretazione dei testi conciliari e soprattutto il suo contributo nella ideazione e stesura del Catechismo della Chiesa Cattolica. Secondo le indicazioni di Giovanni Paolo II il Catechismo doveva attingere al patrimonio di fede e di vita cristiana elaborato al Vaticano II ed essere di sostegno all’unità e cattolicità della Chiesa. Il testo, cui lavorarono un gruppo di redattori sotto la sapiente guida del cardinale, venne portato a termine in un tempo relativamente breve. Accolto con entusiasmo dal papa e dai vescovi, ebbe una diffusione che stupì anche i più scettici che inizialmente si dicevano contrari a un unico catechismo per la Chiesa universale. Il Catechismo, dunque, è un servizio prezioso che papa Benedetto ha reso alla Chiesa e che accompagnerà ancora per lungo tempo il cammino dei cattolici nel mondo.
Altro contributo indimenticabile è il Gesù di Nazaret, un’opera che stava molto a cuore a Ratzinger che vi si preparò con una serie di testi minori. L’ultimo di quella serie, In cammino verso Gesù, alludeva tanto al cammino del cristiano per andare incontro a Gesù, quanto alla lunga preparazione dell’autore in vista dell’opera maggiore. A questo scritto, che doveva essere la conclusione ideale del suo percorso teologico, Ratzinger pensava di dedicarsi una volta portato a termine il suo servizio presso la congregazione della dottrina della fede. L’elezione a pontefice rese più complicato il progetto ma Benedetto non rinunciò al suo proposito. Anche da papa, dunque, tenne fede al suo intento di scrivere un’opera prendendo a modello i testi pubblicati nel primo Novecento da Romano Guardini in Germania, Daniel Rops in Francia, di Giovanni Papini in Italia. Con le loro opere i tre autori avevano fatto conoscere nei rispettivi paesi il fascino di Gesù. Dal tempo di questi autori l’esegesi aveva fatto grandi progressi. Cedendo, tuttavia, troppo spazio alla filologia aveva finito per creare una distanza tra il presunto Gesù della storia e il Cristo conosciuto e adorato dai fedeli. Pur riconoscendo i meriti dell’esegesi, con la sua opera Benedetto dimostrava che il Gesù vissuto circa duemila anni fa e il Cristo conosciuto e amato dai credenti sono un’unica persona. I fedeli possono, quindi, serenamente rivolgersi a lui nella preghiera, nella fiduciosa convinzione di essere ascoltati ed esauditi.
Provato nel fisico, papa Benedetto diede le dimissioni dal governo della Chiesa nel 2013. In conclusione di questo articolo a me preme tener fede a un’ultima sua richiesta . Ebbi occasione di rendergli visita un’ultima volta il 28 giugno del 2021, giorno della vigilia del suo settantesimo anniversario di sacerdozio. Nonostante i limiti fisici, era radioso, grato della sua scelta vocazionale. Mi chiese allora di ricordare ai sacerdoti di prendersi del tempo per stare alla presenza di Dio. Con la luce che da Dio si irradia sul volto dell’orante anche la cura d’anime diviene più profonda e duratura.