martedì 27 dicembre 2022
Mi faccio portavoce della vicinanza di chi mi ha preceduto nell’incarico di direttore dell’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali...
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Caro direttore,

care amiche e cari amici di “Avvenire”, mi unisco al dolore che ha colpito la famiglia e la redazione di “Avvenire” per la morte del collega Salvatore Mazza. Mi faccio portavoce della vicinanza di chi mi ha preceduto nell’incarico di direttore dell’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali, così come dei direttori e responsabili di tutti gli Uffici e dei Servizi della Cei. Sono ambienti che Salvatore ha frequentato e abitato, con professionalità e disponibilità, nel suo servizio al giornalismo e alla Chiesa in Italia. Sono ore in cui i ricordi personali si mescolano ai sentimenti più profondi e, insieme, fanno emergere quel senso di gratitudine per la testimonianza donata, nella salute e nella malattia. La nascita al cielo di Salvatore è anche un messaggio forte. Nulla è casuale: dalla gioia per la nascita del Bambino (25 dicembre) alla grande prova del martirio di Stefano (26 dicembre). In questo connubio, che è la sintesi della vita cristiana, ci ha lasciati Salvatore. Quasi fosse una sorta di testamento non scritto: gioia e sofferenza. Tutto nell’affidamento al Padre misericordioso. Ho avuto la fortuna di seguire con Salvatore – io per il Sir e lui per “Avvenire” – un convegno dell’Ufficio nazionale per la pastorale della salute. Era il 2002. Ho ripensato più volte a quelle giornate. Oltre il lavoro giornalistico nelle varie sessioni, i dialoghi con lui erano consigli preziosi su come svolgere la professione e non solo. Proprio il tema del convegno – “Comunicare il Vangelo oggi nel mondo della salute. Alcuni percorsi da attuare insieme” – è stato paradigma del suo ultimo tratto di strada. Quell’“insieme” è diventato ancoraggio forte che ha trascinato tutti – colleghi e lettori – in un’umanità ferita dalla malattia ma non sfregiata nella sua bellezza. Ne sono prova le due rubriche curate in questi anni, Slalom e Su questa pietra. Ecco, allora, che la tristezza per il distacco diventa gratitudine per quanto vissuto “insieme”. Grazie, Salvatore!

Vincenzo Corrado, direttore dell’Ufficio Nazionale per le comunicazioni sociali Cei

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