La legge prima di ogni legge
martedì 14 maggio 2019

C'è in questo Paese una rete densa e fitta di rapporti e solidarietà, una grande trama silenziosa che innerva città e province, arrivando quasi ovunque. È una rete tanto silenziosa quanto invasivo è il web, la rete digitale: eppure opera tutti i giorni. È il prete che con le offerte dei fedeli e il suo magro stipendio paga di persona bollette e persino affitto a una famiglia in grave difficoltà o sfrattata. È il vescovo che, senza clamori, organizza e provvede. Sono le consacrate e i volontari che portano da mangiare ai vecchi soli, e le centinaia di sportelli di ascolto della Caritas, dove chi è disperato va a bussare. È la parrocchia dell’hinterland milanese, dove i supermercati della zona la sera portano i cibi freschi avanzati: sfameranno qualcuno, invece d’essere sprecati. E la Chiesa madre del nostro Sud che fa la stessa identica cosa... La rete silenziosa opera dentro un’antica fiducia: chi può lascia un’offerta al parroco: “Faccia lei, saprà lei chi ne ha bisogno”.

È dentro a questa trama profonda, di cui non scrivono mai i giornali, che va situata “l’impresa Krajewski”. Ha fatto il giro del mondo, la storia del porporato Elemosiniere del Papa che si è personalmente calato nella stanza della centralina elettrica di un palazzo romano occupato, per ripristinare la corrente che mancava da molti giorni. 485 persone, fra cui 100 bambini e diversi ma-lati, al buio. Niente bucato, niente luce la sera per mettersi a tavola o studiare, il cibo a marcire nei frigo, i cellulari scarichi e muti.

A Roma, Italia. Il cardinale Konrad Krajewski, uno che conosce tutti i clochard di Roma e gira in Vespa per muoversi più in fretta perché ha sempre tanto da fare, ha tentato di sbloccare la situazione parlando con le autorità capitoline. Niente. Era poi sabato, e si sa, ogni ufficio pubblico romano chiude. Allora il cardinale ha deciso che quei bambini e quelle madri non potevano aspettare, e – capace di usare le mani come certi padri di famiglia che sanno fare di tutto – ignorando il divieto d’ingresso e i cartelli di pericolo è sceso nel locale sotterraneo dello stabile, e in un’ora la luce è tornata.

Gesto vistoso, provocazione forte – per una volta, la rete invisibile ha fatto rumore. Gesto che ha anche disorientato: insomma, il palazzo è occupato, il debito è di 300mila euro. E la legalità? si è chiesto qualcuno, disapprovando un’azione che sa di Robin Hood, ma per la legge è un reato. Krajewski si è detto pronto a affrontare ogni conseguenza. La sua impresa suona come uno schiaffo, in tempi in cui si vorrebbero chiusi i porti ai barconi stracarichi vacillanti sul Mediterraneo, o addirittura multare chi presta aiuto ai migranti irregolari. Ma a volte, gli schiaffi sono utili. Nella dimenticanza della umanità basilare, nello stordimento, nell’involgarimento del dibattito politico, un bello schiaffo può fare bene. Ricorda che esiste la legge degli uomini, ma c’è una legge di umanità: anteriore, e più grande.

Ci possono essere e ci sono stati spesso nella storia atti legali, eppure disumani: basta pensare alla applicazione delle leggi razziali, nel ’38, quando gli ebrei furono cacciati da scuole e enti pubblici, e poi mandati a morire, nel pieno rispetto dei codici fascisti. Legali sono anche quegli sfratti che mettono una famiglia sulla strada: non pagano, quindi via, si arrangino. Eppure chiunque assista a questa sorta di esecuzione avverte in sé qualcosa che brucia. È lo scollamento fra la legge degli uomini e quella che, cristiani e anche laici, in tanti ci sentiamo dentro, non scritta eppure impressa come un marchio, ereditata nella tradizione popolare italiana. Non si cacciano i poveri, non si nega il pane a chi ha fame, e un luogo caldo a chi ha freddo. Non si fa, in Italia, forse perché si avverte dentro ancora la memoria di colui che disse: quello che fate a ognuno di questi miei fratelli più piccoli, lo avete fatto a me.

La grande rete opera tutti i giorni, senza clamore, e paga bollette e debiti, aiuta i bambini a non restare indietro a scuola, e i mendicanti a vestirsi. Di questa opera carsica, quasi invisibile, l’Elemosiniere del Papa è un alfiere, e un simbolo, pure nella umana semplicità per cui i clochard romani lo chiamano familiarmente, “don Corrado”, e spesso non sanno che è un cardinale. Quel palazzo pieno di povera gente, straniera e italiana, e di bambini che sono soltanto bambini, era lasciato al buio come una tana. Parlare, sollecitare, non era servito a niente. Allora quel robusto polacco ha deciso che quel buio era durato abbastanza. Che, una volta ancora, la legge degli uomini e l’altra legge, più grande, divergevano. E sapeva bene, lui, a quale legge obbedire. La gente di via Santa Croce in Gerusalemme lo ha guardato sbalordita scendere nella cantina. Poi le luci si sono riaccese. Allora qualcuno di quei disoccupati e ultimi della città si è commosso: come ritrovandosi dentro una legge altra, anteriore, anche loro riconosciuti.

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