giovedì 20 febbraio 2020
I numeri dicono che è ingiustificabile smontare quelle norme
La Legge piemontese sull’azzardo vale oro

Ansa

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Caro direttore,
sono impegnato da quasi quarant’anni nel campo delle dipendenze patologiche e da quasi venti nella presa in carico del disturbo da gioco d’azzardo nell’area metropolitana di Torino; coordino i Servizi per il gioco d’azzardo del Piemonte, ho coordinato in questi ultimi anni le ricerche sugli effetti della legislazione piemontese sull’azzardo patologico e collaboro con le principali società scientifiche italiane di settore (Alea, Sitd). Interpreto e uso da tempo i dati di carattere sia economico sia epidemiologico che si rendono via via disponibili sul tema.

Per questo sono preoccupato per come da quasi un anno a questa parte si siano infittiti attacchi contro le disposizioni normative piemontesi sull’azzardo patologico del 2016. Grazie alle anticipazioni di 'Avvenire' (15 febbraio 2020, Maurizio Fiasco) sulla raccolta regionale 2019 per l’azzardo sia su canale fisico sia online è possibile oramai fare un’accurata analisi su quanto accaduto negli ultimi 4 anni trascorsi dall’entrata in vigore della legge.

Questi dati oggettivi e inequivocabili di carattere economico possono, infatti, incrociarsi con quelli epidemiologici dello studio Gaps del Cnr di Pisa che dicono che in Piemonte nel 2018 dichiara di aver effettuato almeno un gioco in denaro meno del 33% della popolazione contro il quasi 42% nazionale del 2017 (circa 400mila persone in meno di quelle attese se si fosse applicato il tasso nazionale) e che, sempre in Piemonte, la proporzione di 'giocatori' a rischio maggiore di zero nel 2018 ammontava a circa il 13% contro un dato nazionale dell’anno precedente del 22%.

Un quadro chiarissimo. Leggendo bene le cose e confrontando gli andamenti con quelli del resto del Paese, si può facilmente mettere in luce un dato assolutamente clamoroso: se nei 4 anni dal 2016 al 2019 in Piemonte si fosse continuato ad 'azzardare' come nel resto d’Italia, i piemontesi avrebbero sborsato 2 miliardi e 618 milioni di euro in più; 262 milioni nel 2016, 604 nel 2017, 913 nel 2018 e ancora 839 nel 2019. Ciò semplicemente facendo 100 i dati del 2015 e applicando il tasso di crescita nazionale (senza Piemonte) al dato iniziale regionale del 2015.

I primi 866 milioni 'risparmiati' sono da attribuire all’effetto delle restrizioni temporali disposte dai Comuni a partire dall’estate 2016 (l’articolo 6 della legge), i successivi 1.752 milioni all’effetto sinergico di quelle e dell’applicazione del confinamento geografico (il 'distanziometro' è entrato in vigore per bar e tabacchi alla fine del 2017, articoli 5 e 13 della legge).

La traduzione in perdite (la cosiddetta 'spesa' dei Monopoli...) di quel denaro sottratto al gioco d’azzardo (e verosimilmente in parte almeno reinvestito in altri consumi, questo è un dato trascurato dai più) è calcolabile in oltre mezzo miliardo di euro; gigantesca somma di denaro rimasta nelle tasche dei 'giocatori' – e in maggior misura dei più problematici, quelli attratti dagli apparecchi automatici – per il soddisfacimento di propri bisogni primari.

Contro una delle più pervicaci argomentazioni retoriche della filiera commerciale, quella secondo la quale il contenimento dell’offerta su canale fisico avrebbe determinato un’esplosione della raccolta online, stanno, di nuovo, i numeri reali: quei 2.618 milioni non puntati dal 2016 al 2019 sono fatti per la maggior parte di azzardo su canale fisico (2.227 milioni), ma presentano una quota non trascurabile anche nel gioco online, 391 milioni di euro. Quindi non solo in Piemonte non si è giocato sul Web più che nel resto del Paese ma addirittura lo si è fatto un po’ di meno.

Il dato della raccolta da canale fisico del 2019 in Piemonte è di 4.549 milioni; se dal 2016 la raccolta fosse cresciuta come nelle altre 19 Regioni essa sarebbe stata di 5.311 milioni, 762 milioni di euro in più in un solo anno. Il dato di quella online (in preoccupante crescita ovunque, soprattutto nelle Regioni meridionali) è stato di 2.321 milioni; applicando lo stesso ragionamento ci si sarebbe attesi in Piemonte una somma di 2.398 milioni, 77 milioni in più nel 2019. Contro la buona legge della mia Regione, nel primo periodo di applicazione, gli strali erano stati quelli della filiera commerciale e di settori del Ministero dell’Economia e delle Finanze, dalla scorsa primavera la guida della 'controffensiva' è stata assunta dapprima in prima persona del candidato (e ora presidente) alla guida della Regione Cirio e poi dalla sua maggioranza.

Nel novembre 2019 un nutrito drappello di consiglieri leghisti, del tutto dimentichi dei pluriennali strali contro l’azzardo di Stato di 'Roma ladrona' (la battaglia contro l’invasione dell’azzardo era stata guidata dalla Lombardia di Maroni e dal Veneto di Zaia), ha presentato un ddl regionale che di fatto, se approvato, scardinerebbe l’asse portante della misura di contenimento della spesa, la cosiddetta 'retroattività' dell’applicazione del 'distanziometro' agli esercizi con licenza/ concessione antecedente al 1 gennaio 2014. La policy piemontese sull’azzardo patologico è altamente efficace e manometterla sarebbe ingiustificabile e persino criminogeno. Un po’ come se, dopo aver constatato l’efficacia delle cinture di sicurezza nella riduzione della mortalità stradale si abolisse l’obbligo di indossarle per le proteste di ortopedici e pompe funebri. Un’operazione, insomma, da Superciuk, quell’eroe 'al contrario' dei fumetti che rubava ai poveri per dare ai ricchi.

Medico, già presidente Sezione Piemonte

e Valle d’Aosta Società Italiana Tossicodipendenze (Sitd)

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