mercoledì 14 marzo 2012
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Il concetto moderno di privacy nacque anche per il moltiplicarsi di scatti con le prime macchine fotografiche semiautomatiche durante le feste della élite di Boston a fine Ottocento. Di fronte alla tecnologia attuale quelle intrusioni al diritto di 'essere lasciati in pace' sembrano quasi da rimpiangere. D’altra parte, l’idea di privacy come un equilibrio tra diritti informativi confliggenti ha permesso di spostarne i confini con l’avanzare di una società che sempre più persegue l’ideale della 'casa di vetro' e ne ha gli strumenti tecnici. Con tutto ciò, pare troppo semplice liquidare il fortissimo allarme lanciato dal garante Francesco Pizzetti sul nuovo regime di controlli fiscali come una miope rivendicazione di proprie prerogative o, addirittura, un salvagente lanciato agli evasori. Affermare che sono stati compiuti «strappi allo Stato di diritto» e che siamo entrati in una «fase di emergenza dalla quale uscire al più presto» significa sollevare un tema reale in una forma legittima, sebbene non voglia dire che si debba necessariamente fare subito marcia indietro. La prima considerazione da svolgere è che la democrazia è fatta per sua natura di checks and balances , controlli e bilanciamenti, pensati per evitare che uno degli attori istituzionali diventi preponderante, esorbiti dalle sue funzioni o ecceda nel loro esercizio (e il tutto anche nella massima buona fede). La missione delle authority indipendenti è proprio quella di segnalare dove e quando la materia a loro affidata non venga sufficientemente tutelata. In questo caso, in gioco è la privacy con i suoi limiti. La trasparenza è certo un valore che dà sostanza alla democrazia: le procedure devono essere visibili, i decisori devono essere conosciuti, le aree di inevitabile opacità vanno ridotte al minimo, perché da un lato tutti abbiano la possibilità di valutare e scegliere e dall’altro nessuno si possa fare scudo della segretezza. Le tutele individuali non possono tuttavia essere completamente sacrificate sull’altare della legalità – e qui entra potentemente in gioco anche il tema delle intercettazioni telefoniche nelle indagini giudiziarie –, come nella fattispecie di cui ci si occupa potrebbe accadere. Essere liberi di perseguire i propri fini individuali ha come precondizione una serie di strumenti che non sono fini di per sé, ma risultano spesso essenziali. La riservatezza può non essere considerata uno scopo che si ricerca in quanto tale (tema controverso), ma senza di essa il cittadino rischia di finire sottoposto a un controllo informativo che non gli consente il pieno esercizio della propria autonomia sociale. La libertà di stampa è il diritto e la carta solo un mezzo, ma se si afferma il principio e poi lo Stato ha il monopolio della carta, il mezzo diventa decisivo per annullare il diritto. Così il disvelamento dei dati personali e di ogni scelta o situazione economica di ciascuno potrebbe di fatto creare vincoli o ostacoli nella conduzione della propria esistenza. In linea teorica, il contribuente onesto non ha nulla da temere dalle ispezioni più intrusive e, anzi, può giovarsi della scoperta dell’evasione altrui. Il governo, con le ultime misure, cerca di promuovere il benessere collettivo che discende da un’equa e diffusa contribuzione alle spese della collettività. Ugualmente, un richiamo a non spostare troppo il pendolo in una direzione è utile e doveroso. E il governo farebbe bene a tenerne conto nello spirito di leale confronto tra istituzioni. Anche il principio di una tassazione decisa dai rappresentanti espressi dal popolo, quindi giusta e sostenibile, è un principio fondante dello Stato di diritto, e la Corte dei conti – il potere giudiziario – sempre ieri ha ricordato all’esecutivo e al Parlamento che la soglia in vista del 45% costituisce un carico «eccessivo per i contribuenti fedeli». Per contrastare gli evasori e aggiustare i conti, battaglie sacrosante e condivisibili, stiamo pagando un prezzo troppo alto? Probabilmente no, uno sforzo straordinario è richiesto dal momento eccezionale. Ma la legalità è sempre rispetto. Ed è bene porsi l’interrogativo, ed è confortante che la dialettica tra le componenti dell’architettura della nostra democrazia sia viva e dia garanzie di vigilanza.
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