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Tre buone notizie dal Giubileo e il rischio di una visione idealizzata Buone notizie dal Giubileo delle famiglie, dei bambini, dei nonni e degli anziani che stamattina si conclude con la Messa presieduta in San Pietro da papa Leone XIV. La prima buona notizia, scontata ma solo fino a certo punto, è che la famiglia c’è, si fa sentire, cerca nuovi spazi, non vuole abdicare al suo ruolo di risorsa sociale che è quello di testimoniare la forza delle relazioni familiari nella realtà quotidiana, di trovare insieme strade concretamente percorribili che magari non si comprendono pienamente ma a cui non si può più rinunciare. E questa ricerca perseverante di nuove forme di protagonismo, nella società e nella Chiesa – un impegno che si collega all’altro – dovrebbe mettere fine una volta per tutte alle ormai insopportabili lagnanze sulla famiglia che si è dissolta, che non regge, che non è più quella di una volta. No, è vero, non è più quella di una volta.
La famiglia esteriormente perfetta, ideale, sempre esemplare nelle relazioni coniugali, efficace nell’educazione dei figli, zelante dentro e fuori le mura di casa, era probabilmente un modello solo teorico e formale e continuare a riproporlo in maniera acritica significa perpetuare un equivoco e alimentare uno stereotipo. Anche perché quella famiglia ideale non è mai esistita. La crisi è cominciata con Adamo ed Eva, il cui progetto educativo nei confronti dei figli non si può dire pienamente riuscito, e ci accompagna tuttora. Ma anche ferite, anche segnate da fragilità vecchie e nuove, anche costrette a rivedere progetti e convinzioni che si pensavano assodate per sempre, le famiglie vanno avanti e mandano un messaggio chiaro a chi vorrebbe imprigionarle dentro schemi fuori dalla storia e della realtà. Tante volte, nei suoi dodici anni di pontificato, papa Francesco ci ha invitato a mettere da parte ideali troppo astratti, artificiosamente costruiti, lontano dalla situazione concreta per accogliere e accompagnare le famiglie “così come sono”.
Perché, ci ha più volte spiegato, anche nelle situazioni più disastrate, anche in quelle apparentemente più lontane, ci sono semi di bene che non abbiano il diritto di ignorare, né tantomeno di disperdere. Il “qui e ora” ci obbliga a fare i conti con la realtà. E le famiglie cristiane – la seconda buona notizia di questo Giubileo – hanno imparato che intercettare il nuovo, senza toni giudicanti e senza condanne preventive, non è azzardo pericoloso, ma scelta che rivitalizza, che dà senso e pienezza alla testimonianza cristiana. E qual è la realtà? Quello di modelli familiari che si sono moltiplicati e in cui riesce davvero difficile individuare quello che possa essere indicato come il prodotto di un “pensiero forte”. L’ultimo dato Istat ci dice che le coppie con figli sono soltanto il 28,2% del totale delle famiglie. E che le persole che vivono sole, in maggioranza donne anziane, hanno superato il 40% del totale. Le previsioni – sempre dell’Istat – ci dicono che nel 2040 le coppie con figli saranno meno del 20% e le persone che vivranno sole saranno quasi la metà del totale. In mezzo ci sono, e ci saranno sempre più, coppie senza figli, famiglie allargate, ricostituite, riaggregate, omogenitoriali e tanto altro ancora.
Siamo di fronte a una varietà di situazioni che ci invita a percorrere strade nuove, a cogliere spunti originali. Perché, se non lo facciamo, continueremo a proporre un messaggio e un accompagnamento capaci di intercettare solo quel 28,2%, quella parte, cioè che, secondo una certa logica escludente, sarebbe l’unica ad avere il diritto di qualificarsi famiglia. E gli altri due terzi che non sarebbero “famiglie ideali”? Forse è arrivato il momento di trovare anche per questa vasta area di familiarità eterogenea e diffusa, ma che esiste e bussa alle porte delle nostre comunità, parole, proposte, atteggiamenti umani e prassi pastorali finalmente interessanti anche ai loro occhi. Iniziative capaci di inserire a pieno titolo la carne viva delle famiglie, di tutte le famiglie, nel flusso mutevole e turbolento della quotidianità. O, per dirla ancora con papa Francesco, di integrare coloro che lo desiderano come risultato di quel bene possibile che, pur nelle diverse fatiche esistenziali, va sempre accolto e accompagnato.
Se vogliamo davvero capire qualcosa sulle famiglie contemporanee – e questa è la terza buona notizia del Giubileo – allargare lo sguardo non è solo obbligatorio, ma è percorso ormai promosso e condiviso. Non tanto perché dobbiamo a tutti i costi definire un modello di famiglia – abbiamo capito che si tratta di uno sforzo assurdo – ma per capire come esaminare, riordinare, raccontare con parole nuove e palpitanti la bellezza e la ricchezza delle generazioni. Insomma, più che un pensiero “forte” sulla famiglia, abbiamo forse bisogno di definire e di rilanciare un pensiero rispettoso della sua complessità. Senza per questo rinunciare a indicare ideali e valori cristiani, consigliare comportamenti buoni, relazioni da valorizzare. Senza rinunciare a proporre il Vangelo della gioia e della pienezza di vita che la famiglia può sperimentare nella quotidianità.