La coperta corta e le trapunte Ue da non sprecare
mercoledì 18 ottobre 2023

La coperta della prossima Legge di bilancio è corta, ma l’armadio (dei fondi comunitari) è pieno di trapunte che dobbiamo sfruttare al meglio. Nel pacchetto varato dal consiglio dei ministri lunedì la maggioranza fa le acrobazie per limare i decimali del deficit in un contesto peraltro di grande incertezza sulle regole del gioco. Non sappiamo infatti in mancanza di accordo tra i Paesi membri se si tornerà al vecchio Fiscal Compact, in apparenza molto rigido ma in realtà pieno di possibili accomodamenti per i quali però era necessario passare sotto le forche caudine della Commissione.

O se si riuscirà a concordare nuove regole che prevedono un declino dolce del rapporto debito/ Pil. La salute delle nostre finanze pubbliche resta dunque un punto interrogativo tenendo conto che l’arbitro ultimo della sostenibilità di un debito pubblico sono i mercati finanziari e che tale sostenibilità dipende enormemente dalle caratteristiche di chi quel debito lo detiene (come ha dimostrato l’aumento della quota della Bce che ha reso il debito più sostenibile durante il quantitative easing). Importante, dunque, la prudenza del governo sulla Legge di bilancio inviata in esame a Bruxelles in attesa dei giudizi delle società di rating.

La coperta è corta e riduce i margini di manovra disponibili per l’obiettivo principale del governo, che è quello di restituire ai ceti medio-bassi almeno una parte del reddito perso a causa dell’inflazione generata principalmente dall’esplosione del prezzo del gas. Si spiegano così la riduzione del cuneo fiscale e l’accorpamento delle aliquote Irpef per le quali non esistono però ad oggi le risorse per rendere le due misure permanenti. Questo significa ipoteca sulle scelte dei governi futuri che dovranno trovare le risorse per non eliminare questi aiuti. Una fonte preziosa può essere la minimum tax del 15% contro l’elusione delle multinazionali che apre in Italia e nella Ue il tentativo di combattere il dumping fiscale non solo esterno, ma anche interno tra Paesi comunitari.

Preziosi i tre miliardi in più per la spesa sanitaria. La manovra finanziaria deve includere per legge la valutazione degli effetti su una serie di indicatori di benessere inclusa l’aspettativa di vita ed è importante capire per l’opinione pubblica che un miliardo in più o in meno sulla sanità vuol dire pronto soccorso più umani, meno file d’attesa e in sostanza mesi in più o in meno di aspettativa di vita. « Il fiume che trasforma il legno mentre lo trasporta via», dice uno dei versi più belli di una vecchia canzone di Mimmo Locasciulli ed Enrico Ruggeri. Metafora perfetta per il consueto processo di formazione della manovra finanziaria che è un legno trasportato da un fiume lungo e tortuoso (la Nadef è una delle sue anse e la foce si vedrà soltanto a fine anno), ma dove lo stato dell’arte ad ogni istante viene commentato come se fosse la versione finale e decisiva. Il governo, con lo stop agli emendamenti della maggioranza, vorrebbe evitare che sia così, blindando di fatto la manovra. Presumibile però che il fiume del dibattito trasformerà anche in questo caso il legno, e che ciò che sarà deciso sul traguardo non coinciderà del tutto con quello che commentiamo oggi. Tornando alla prima immagine, l’armadio pieno di trapunte significa che mentre ci si accapiglia sui decimali, ci si dimentica di essere un Paese che ha a disposizione una quantità enorme di fondi europei che non sempre riusciamo a utilizzare.

Pnrr, Fondi strutturali europei, Repower EU, React EU sono altrettanti filoni sui quali ballano decine e decine di miliardi che possono essere utilizzati per gli obiettivi che questa manovra finanziaria persegue o ai quali pensa dolorosamente di dover rinunciare per non far aumentare il deficit. Sarebbe poi un clamoroso autogol non riuscire a utilizzare le somme destinate dal Pnrr al capitolo Sanità sulle case di comunità, che hanno tra l’altro proprio l’obiettivo di rispondere alla domanda di cura sui territori evitando il sovraffollamento degli ospedali. Continua anche a mancare un’analisi e una visione su uno dei fattori scatenanti le difficoltà economiche che stiamo vivendo. Confrontando i dati della dinamica dei prezzi del gas alla Borsa di Amsterdam (che ha iniziato a crescere ben prima dell’invasione russa dell’Ucraina) e i prezzi dichiarati alla frontiera per il gas effettivamente importato e pagato nello stesso periodo troviamo evidenza di una bolla che ha generato rendite enormi.

Non è un caso che il premier Draghi, non certo un nemico delle imprese, abbia imposto una tassa sugli extraprofitti per le compagnie del settore. Si continua a ignorare pertanto che accelerare la transizione verso le rinnovabili e dunque la riduzione della dipendenza di famiglie e imprese dalle fonti fossili (come ha nuovamente chiesto il Papa nella Laudate Deum, e come richiede la lotta al cambiamento climatico sempre più urgente) ridurrebbe la nostra esposizione presente e futura all’inflazione e, con essa, i problemi di bilancio per le famiglie e di competitività per le imprese. Il governo britannico ha appena varato un progetto per posare un cavo sottomarino di 3.800 km che collegherà l’isola con il Marocco per avere energia solare sfruttando la resa tripla dei pannelli africani rispetto a quelli britannici. Il sole è un nostro vantaggio competitivo, ma infinite lungaggini stanno bloccando la straordinaria ricchezza di progetti già pronti nel dagli impianti eolici offshore alle comunità energetiche. Un potenziale enorme a disposizione per la nostra indipendenza energetica che chiede solo di essere sfruttato.

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