venerdì 4 luglio 2014
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Un aspetto poco considerato della lunga fase di crisi economica attraversata dall’Italia è che, a differenza di fasi similari del passato, questa volta il ruolo delle rappresentanze sociali e in particolare di quelle sindacali è risultato sostanzialmente marginale. La differenza balza agli occhi se si considera il ruolo assunto dall’accordo sulla contingenza stipulato dalle confederazioni con il governo di Carlo Azeglio Ciampi, in una fase altrettanto critica sul piano economico e in cui la destabilizzazione delle forze politiche aveva attribuito ai sindacati una sorta di supplenza nella rappresentanza non solo sociale, esercitata, in quella circostanza, con misura e senso di responsabilità.Questo scarto appare più evidente se si prende in considerazione il ruolo della Cgil, la più numerosa organizzazione sindacale italiana, che appare oggi incapace di esercitare una funzione contrattuale efficace, perché attanagliata dall’incertezza tra riprendere la strada di sindacato maggioritario e quella di imboccare il viottolo della trasformazione in movimento politico antagonistico strutturalmente minoritario. Il congresso della Cgil, che si è svolto alla vigilia delle elezioni europee con l’illusione di condizionarle, ha dato l’impressione di rendersi conto che sono in atto trasformazioni profonde dell’economia e della politica, ma anche di considerarle astrattamente come involuzioni pericolose da respingere, nell’illusione di ritornare nello statu quo ante. Susanna Camusso ha caratterizzato la sua battaglia con l’affermazione che «l’autosufficienza della politica sta determinando una torsione democratica», volta a contestare la volontà affermata dal nuovo governo di agire senza concedere a nessuno un diritto di veto travestito da "concertazione". In realtà, la Cgil aveva già perso il diritto di veto sul terreno suo proprio, quello della contrattazione: non ha firmato e ha contestato accordi in varie categorie e in grandi aziende, a cominciare dalla Fiat, ma questo non è bastato a impedire che, spesso attraverso la consultazione diretta dei lavoratori, quelle pattuizioni entrassero in vigore, anche grazie a un atteggiamento più realistico delle altre confederazioni, più consapevoli del mutamento oggettivo delle relazioni sindacali.La tentazione di non fare i conti con una realtà nuova e aspra, nella quale la pura e semplice difesa a oltranza delle "condizioni di miglior favore" in attesa di poterle generalizzare viene ormai avvertita da molti come protezione di privilegiati a danno di chi non ha un lavoro stabile, spinge settori rilevanti della Cgil verso sbocchi puramente politici. Il sindacato dei metalmeccanici, la Fiom, sembra proporsi come centro di aggregazione di un movimento antagonistico minoritario e combattivo, che ha perso l’orizzonte sindacale della trattativa e del conseguente compromesso e che intende contestare l’assetto economico mentre, forse per ragioni di polemica interna alla confederazione, mette la sordina alla polemica antigovernativa. Altri settori sembrano scegliere la via speculare, quella di fornire la cassa di risonanza alle correnti minoritarie del Partito democratico, allo scopo di sconfiggere "l’autosufficienza" proclamata da Matteo Renzi, ma anche questa prospettiva, che nasceva in passato dalla comprovata influenza della Cgil sull’elettorato di sinistra, è stata cancellata dal successo straordinario ottenuto da Renzi alle consultazioni europee, forse anche per il fatto di essere apparso del tutto svincolato dai diktat della Cgil che avevano paralizzato tanti suoi predecessori. Se queste alla politicizzazione sono le più appariscenti tendenze interne alla Cgil, non va dimenticato che in numerose categorie e in un gran numero di territori, in realtà la Cgil molecolarmente sta introiettando i dati nuovi della realtà, partecipa attivamente alla costruzione di nuove forme contrattuali e di relazioni sociali innovative. Resta, insomma, nel fondo, una vocazione sindacale maggioritaria, che si sente poco nei congressi, ma che ha un peso rilevante e che può rappresentare la risorsa fondamentale per una ripresa realistica del ruolo contrattuale della maggiore confederazione.
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