giovedì 27 giugno 2019
Varato un codice per piattaforme on-line e e social network per la trasparenza degli algoritmi che selezionano le notizie e per migliorare l'accesso a quelle affidabili
La (buona) battaglia europea contro falsi e disinformazione
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L'analisi qui pubblicata è tratta dall'ottava edizione del "Manuale del diritto dell'informazione e della comunicazione" (ed. Cedam-Wolters Kluwer, 2019) appena pubblicato. L'autore, Ruben Razzante, è docente di Diritto dell’informazione all’Università Cattolica di Milano, giornalista professionista, editorialista e consulente editoriale e per studi legali, aziende e associazioni di categoria.


La battaglia è solo agli inizi, ma qualche risultato incoraggiante già arriva. Ripulire la Rete da contenuti falsi, fuorvianti e offensivi è possibile, in una logica di concertazione e cooperazione puntuale e incisiva tra tutti gli attori coinvolti. E i colossi del web stanno dimostrando buona volontà e senso di responsabilità. Facebook, ad esempio, con i suoi 30.000 controllori, ha dimezzato le fake news nell’ultimo anno e annuncia di voler ulteriormente moltiplicare le sue attività di monitoraggio e rimozione. La disinformazione on-line è ormai un fenomeno globale che richiede un approccio europeo: la Ue si sta dedicando all’elaborazione di una pluralità di azioni per limitarne la diffusione già da un paio di anni. Nel giugno 2017 il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione in cui invitava la Commissione ad analizzare nel dettaglio il problema. Nel novembre dello stesso anno la Commissione ha lanciato una consultazione pubblica su fake news e disinformazione, istituendo un Gruppo di esperti di alto livello (mondo accademico, piattaforme digitali, mezzi d’informazione e organizzazioni della società civile). Nel marzo 2018 il Gruppo di esperti di alto livello (HLG) ha prodotto un rapporto in cui ha presentato delle raccomandazioni come: maggiore trasparenza degli algoritmi, autoregolamentazione, alfabetizzazione mediatica, sostegno alla diversità e alla sostenibilità dei mezzi di informazione europei, maggiore visibilità alle notizie affidabili. Nel rapporto la disinformazione viene definita come «informazione falsa, imprecisa o fuorviante concepita, presentata e diffusa a scopo di lucro o con l’intenzione di arrecare un pregiudizio pubblico». È inoltre sottolineata la necessità di coinvolgere tutte le parti interessate ('coalizione') nelle misure che saranno eventualmente adottate, raccomandando un approccio di autoregolamentazione.

Il Gruppo ha sostenuto la redazione di un codice per piattaforme on-line e social network basato su una serie di principi, fra cui il fatto che le piattaforme on-line devono garantire la trasparenza degli algoritmi che selezionano le notizie e sono invitate ad adottare misure efficaci per migliorare la visibilità e l’accesso delle notizie affidabili. Il Gruppo di esperti ha raccoman- dato inoltre di promuovere l’alfabetizzazione mediatica per contrastare la disinformazione, sviluppare strumenti che permettano agli utenti e ai giornalisti di combatterla, difendere la diversità e la sostenibilità dei mezzi di informazione europei. I primi risultati della consultazione pubblica e di un sondaggio Eurobarometro confermano l’importanza di mezzi di comunicazione di qualità. In base ai dati del sondaggio l’83% del campione ritiene che la disinformazione on-line rappresenta un pericolo per la democrazia. Risulta anche che i mezzi di comunicazione tradizionali (radio 70%, tv 66%, stampa 63%) sono ritenuti le fonti di informazione più affidabili a fronte di un 26% e 27% rispettivamente delle fonti di notizie on-line e dei siti web che pubblicano video. Risultati confermati anche dalla consultazione pubblica, da cui si evince che maggiore fiducia è riposta nei giornali e nelle riviste tradizionali, nei siti web e nelle pubblicazioni on-line specializzati, nelle agenzie di stampa e nelle agenzie pubbliche (oltre il 70%).

Il 26 aprile 2018 la Commissione europea ha inviato al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle Regioni un’argomentata e articolata Comunicazione sul tema, nella quale si vara un approccio europeo alla disinformazione online. Vengono decisi interventi per garantire processi democratici solidi dopo le rivelazioni del caso Facebook/Cambridge Analytica. La Comunicazione – che sottolinea la crucialità della libertà d’informazione per la democrazia – prevede un codice di autoregolamentazione delle piattaforme on-line, una rete di fact-checker europea, interventi volti a rendere più sicura (da attacchi informatici) e attendibile (verifica fonti) l’informazione on-line, sostegno all’informazione 'diversificata e di qualità' e alla alfabetizzazione mediatica. La Commissione si riserva anche di coordinare azioni mirate con gli Stati membri sul tema. Le piattaforme on-line si sono impegnate a presentare, nel giro di pochi mesi, un codice comune di buone pratiche per: «garantire trasparenza circa i contenuti sponsorizzati, in particolare per quanto riguarda i messaggi di comunicazione politica; fare maggiore chiarezza in merito al funzionamento degli algoritmi consentendo verifiche da parte di terzi; agevolare la scoperta e l’accesso da parte degli utenti di fonti di informazione/ punti di vista diversi; applicare misure per identificare e chiudere account falsi e affrontare il problema dei bot automatici; fare in modo che i verificatori di fatti, i ricercatori e le autorità pubbliche possano monitorare costantemente la disinformazione on-line». La Commissione annunciava che avrebbe convocato un forum di soggetti interessati «tra cui le piattaforme on-line, l’industria della pubblicità e i principali inserzionisti» per realizzare il codice e un 'impatto misurabile' entro ottobre 2018. La scelta della autoregolamentazione risponde all’esigenza di realizzare azioni tempestive per contrastare il fenomeno. Uno dei concetti maggiormente enfatizzati nel documento della Commissione è anche quello di tracciabilità, enucleato come tentativo di riconduzione dei contenuti ai loro centri di elaborazione e diffusione. Per rendere realistica e premiante tale tracciabilità, i social network devono adottare un codice di buone pratiche incentrato su alcuni pun- ti chiave: monitorare meglio il fenomeno del click-baiting; ridurre le opzioni di targeting mirato per il marketing politico; assicurare la trasparenza dei contenuti politici sponsorizzati; aumentare gli sforzi per chiudere i profili falsi e dei troll e identificare i bot che diffondono disinformazione.

È stata quindi creata una rete europea indipendente di fact-checker 'certificati' che definirà metodi di lavoro comuni, scambierà le migliori pratiche e opererà per conseguire la più ampia copertura possibile di correzioni fattuali in tutta l’Ue, oltre a una piattaforma europea sulla disinformazione destinata a facilitare il lavoro di chi sarà impegnato a smascherare le bufale. Il 26 settembre 2018 i rappresentanti delle piattaforme on-line hanno consegnato alla Commissaria per l’Economia e la società digitali Mariya Gabriel le tabelle di marcia con le misure concrete per il Codice di buone pratiche. Le tabelle di marcia dovrebbero contenere azioni concrete definite dalle piattaforme per combattere la disinformazione in tutti gli Stati membri dell’Ue quali, ad esempio, messaggi pubblicitari di natura politica più trasparenti, formazione per i gruppi politici e le autorità elettorali o maggiore cooperazione con i fact-checker. Il codice punta in particolare ad adottare delle buone prassi per i contenuti sponsorizzati, anche di natura politica. La Commissione infatti ha sostenuto l’attuazione delle tabelle di marcia prima delle elezioni europee del maggio 2019. Nel codice di autoregolamentazione presentato dalle piattaforme online e da investitori pubblicitari figurano regole volontarie, sottoscrivibili dai soli 'firmatari rilevanti', incentrate sull’aspetto della disinformazione relativa ai contenuti sponsorizzati, inclusi quelli politici e inclusive di 'buone prassi', anch’esse autoriferite ai singoli firmatari. Il codice è stato redatto e sottoscritto, in tempi stretti per le elezioni europee, solo da una parte degli stakeholder (investitori pubblicitari e Ott) e si basa su best practice interne. È un primo passo nella direzione della responsabilizzazione dei grandi operatori della Rete, ma il cammino è lungo e va percorso in un’ottica diversa, di condivisione con tutti (co-regolazione). Ad ogni buon conto i progressi sono tangibili, non solo in termini fattuali e numerici, ma di consapevolezza e cultura dell’informazione di qualità.


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