L'impegno della Chiesa «samaritana» e i modi e lo spazio della preghiera
mercoledì 25 gennaio 2017

Gentile direttore,
in questa ultima settimana, in cui alle forti nevicate che imperversano sul Centro Italia si sommano forti scosse di terremoto e la tremenda slavina che ha inghiottito tante vite sul Gran Sasso, rimaniamo sgomenti e affranti, con un senso di desolazione ed impotenza. Da mesi i nostri pastori si affrettano a rassicurarci che le calamità naturali non sono un castigo voluto da Dio. Ma, forse, abbiamo smorzato anche la nostra fede nella potenza benigna di Dio e nella forza delle nostre preghiere. La storia, e la memoria dei più grandi tra noi, ci rimanda a processioni, pellegrinaggi, celebrazioni di affidamento, dedizione al Santo Rosario, con i quali nei momenti di prova gli uomini si sono rivolti fiducia a Dio. Abbiamo letto su 'Avvenire' che i vescovi, solerti amministratori, si incontreranno di nuovo con il Commissario per la ricostruzione. Avremmo voluto leggere di una catena di celebrazioni, di una rete di preghiere fatte salire come incenso da tutta Italia: tangibile messaggio di condivisione e sostegno per chi soffre. Nei secoli la Beata Vergine ha tante volte steso il suo mantello per proteggerci. A Lei possiamo ricorrere per affidarLe tutto il dolore di tanti italiani e per gridare la nostra fiducia nella potenza di Dio, capace di chinarsi su ciascuno dei suoi figli e di tacitare la forza della natura. Ave Maria...

Valerio e Alessandra Bucci Faenza

Apprezzo molto, gentili amici, l’intenzione di questa vostra lettera che si fa esplicita intenzione di preghiera. Ma temo che essa possa alimentare un malinteso, che invece è bene fugare subito, sull’impegno dei vescovi delle zone terremotate e flagellate da un inverno specialmente duro al fianco dei fedeli e di ogni altra vittima dei fenomeni in corso. Una parte importante di questo impegno di pastori, padri e fratelli è certamente orientata a sostenere catene di solidarietà e progetti volti alla ricostruzione di ciò che è stato lesionato e distrutto dal sisma e dal maltempo. Ma la proposta e l’azione di una Chiesa «samaritana» per vocazione e per mandato di Cristo stesso non si esaurisce certo nel puro e semplice attivismo, e la preghiera solenne o sobriamente offerta è premessa essenziale e nutrimento provvidenziale di ogni iniziativa. Non per nulla, in modo altrettanto provvidenziale, due delle immagini-simbolo impresse in modo indelebile nella memoria e negli occhi di tutti noi sono quella delle persone – laiche e consacrate – in preghiera di fronte alla basilica di San Benedetto ridotta in macerie dall’onda d’urto tellurica, e quella del Papa raccolto, a sua volta, in intensa e silenziosa preghiera nel giorno di san Francesco tra le rovine di Amatrice. Papa Francesco non cessa di ricordarcelo sin dai primi momenti del suo pontificato: la Chiesa «non è una ong, ma la Sposa del Signore» e non è «un’organizzazione burocratica, ma una storia d’amore». Quanto ai modi della invocazione a Dio e all’intercessione di sua Madre, la mia esperienza di vita mi aiuta a capire la vostra nostalgia, ma mi aiuta anche a comprendere che ogni epoca, accanto a gesti personali e comunitari solenni e senza tempo, ha sue proprie forme di orazione. Non è abbastanza, dite? Sono d’accordo, quasi per principio, perché la preghiera non è mai abbastanza. Eppure, mescolando allo sguardo del cronista quello del cristiano, constato che persino i 'laicissimi' spostamenti forzati degli sfollati, persino il pendolarismo amaro di coloro che continuano a muoversi ogni giorno (o quasi) tra il luogo di rifugio e quello della casa che han dovuto lasciare e delle attività che non possono smettere, arrivano a riempirsi del senso e della speranza del pellegrinaggio. Sono infatti certo che, oggi come ieri, tra la gente d’Appennino ci sono sacerdoti che sanno accompagnare e indirizzare sanamente e santamente questa fatica di vivere. Così come sono certo, nella mia povera fede, che Dio vede e ascolta tutto e – come scrivete, cari amici – è «capace di chinarsi su ciascuno dei suoi figli» in ciò che questi sperimentano e chiedono in tanti modi, nelle forme più tradizionali e coinvolgenti come nel segreto del cuore.

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