L'acqua in cui sciacquare i panni della buona politica
sabato 10 dicembre 2016

Caro direttore,
qualcuno ha scritto che negli italiani funziona il ricordo delle "Idi di marzo". Se c’è, si tratta di una memoria intermittente. Ora io non so se, mentre stendeva la sua riforma costituzionale, il piccolo Cesare di Rignano era animato da cattive intenzioni. Non credo però che, nel commentare la vittoria del No, basti parlare degli "errori" accumulati da Matteo Renzi nei suoi mille giorni. Forse ricorderai la diffidenza (eufemismo!) con cui ho salutato su queste pagine l’arrivo della squadra renziana: solo degli sprovveduti stendono una riforma della Pubblica Amministrazione che la Consulta deve bocciare perché non si è ottenuta la necessaria "intesa" con le Regioni. Ma non mi accontento di un "io l’avevo detto". È il commento di Renzi la cosa grave: «Ancora una volta hanno vinto i burocrati». Forse non si riferiva ai giudici costituzionali, ma il rispetto istituzionale doveva fargli semplicemente dire: «Abbiamo sbagliato». Ci si lamenta del cattivo modello rappresentato dal televisivo commissario Schiavone. Ma il modello di educazione politica offerto da Renzi? Lascio da parte le intemperanze caratteriali e mi limito agli slogan. "Rottamare" il vecchiume: è un programma da proporre a giovani inesperti che vogliono impegnarsi in politica? "Maggioranza silenziosa": quale egemonia illiberale ci impedisce oggi di parlare? E poi i rappresentanti del popolo qualificati come «casta» da chi ha usato più di una volta il vecchio armamentario, l’enfasi qualunquista sulla diminuzione dei costi della politica, la spregiudicatezza e l’opportunismo delle alleanze. Sul piano educativo, una serie di cattive lezioni. Il bilancio che hai fatto dell’esperienza renziana è equilibrato e Renzi non può neppure lamentarsi di come questo giornale ha seguito la sua azione, sia nei suoi aspetti positivi che in quelli fortemente criticabili. Ma se Renzi vuole ancora dare un apporto al bene pubblico in Italia, si dia prima una risciacquata nella Firenze di La Pira, nella Bologna di Dossetti, nella Milano di Lazzati. Generosità ed entusiasmo devono andare d’accordo con pazienza e saggezza.

Don Sandro Lagomarsini



Vedi, caro don Sandro, sono di quei giornalisti che non si allarmano né inorgogliscono se chi ha potere qualche volta "si lamenta" e qualche volta no di ciò che scriviamo e di come ragioniamo. Penso che non avere pregiudizi (positivi o negativi) e non nutrire risentimenti sia una condizione per ben vivere, e una necessità per ben lavorare nel gran campo dell’informazione, mettendo in pagina cronache serie e pareri ovviamente opinabili, ma fondati. Equilibrio? Lo cerco per passione e non per ossessione, e forse qualche volta mi trova... Giudico affascinante la tua rapida geografia dei grandi che sapevano farsi piccoli. Anche se aggiungerei, almeno, la Pieve Tesino di De Gasperi e la Maglie di Moro. Nomi che evocano la custodia attiva delle sorgenti di una politica risciacquata a dovere e fatta buona. Ah, se ce n’è bisogno...

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